Le Sardine hanno fatto bene ad andare da Maria de Filippi

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Solo che non la meritano.

Oggi, vedendo i tanti commenti negativi legati alla partecipazione delle Sardine alla trasmissione “Amici” di Maria de Filippi di ieri sera, potrei accodarmi a chi si mostra sdegnato, sottolineare che questa “non è la vera sinistra”.
E invece, siccome mi piace complicarmi la vita, vi dico che secondo me è una delle cose migliori che le Sardine abbiano fatto.

Mi sembra incredibile che di fronte alle deliranti dichiarazioni sul Jobs Act (che “ha fatto anche cose buone”), alla foto con i Benetton mentre le vittime del Ponte Morandi ancora chiedono giustizia, al sostegno all’autonomia differenziata, alle espulsioni di chiunque dissentisse con la linea bolognese, alle farneticazioni sull’Erasmus tra Nord e Sud, l’unica reazione sia stata: “Ma sono ragaaaaazzi!”. E poi davanti alla partecipazione ad una trasmissione televisiva ci si indigni: “Vergogna! Che squallore! Non capite che sono questi (la de Filippi, ndr.) i nemici dell’Italia, quelli che hanno portato degrado e incultura?!?”. Sinceramente mi sembra che voi che commentate così abbiate un metro di giudizio un bel po’ sballato.

Il problema – e la ragione per cui ne parlo, e spero mi scuserete per la lunghezza assurda di questo post – è che questo sfasamento non è un semplice “scivolone”, costituisce la natura stessa di parte di quello che giornalisticamente è definito “popolo della sinistra”.
Gente che si scandalizza per la panza di Salvini e per la sua “cafonaggine” e che adora Beppe Sala per il suo charme. Che trova insopportabili gli accordi con la Libia e il Decreto Sicurezza fatti dal cafone e assolutamente tollerabili gli stessi accordi e lo stesso decreto se sostenuti dall’elegante Ministra Lamorgese.

Nella consapevolezza di starmi scavando la fossa vorrei dire anche un’altra cosa (compagni miei, non odiatemi, mi conoscete e sapete che lo penso da sempre, non potrei tradire i miei ideali e la mia fedeltà a Maria :D): per me la de Filippi è più di sinistra di quelli che commentano in questo modo, e pure delle Sardine.

Non so se Maria de Filippi sia o sia stata in gioventù una “donna del popolo”, non conosco la sua storia familiare né le sue idee politiche, ma so, da spettatrice delle sue trasmissioni, che in un modo o nell’altro ha individuato la chiave per parlare a settori di Paese, in particolare ai giovani, alle donne e alle persone delle classi popolari. Ovviamente sono in molti a farlo, lo fa la D’Urso, lo faceva la Carrà, provano a farlo – con risultati secondo me imbarazzanti – Caterina Balivo e Mara Venier (per parlare del servizio pubblico). Ovviamente stiamo genericamente parlando di una televisione che potremmo considerare trash, che indugia sul dolore, che spesso spettacolarizza “casi umani” e sofferenze. Questo non vuol dire che non possa essere analizzata caso per caso, provando a capire le differenze di approccio e, soprattutto, l’effetto che ha sulla gente.

Per parlare della de Filippi vorrei prendere in esame in particolare “C’è Posta per te”. Non ho visto ogni singola puntata, ma l’ho visto abbastanza spesso da poterne discutere con cognizione.
In quella trasmissione, sullo sfondo delle storie di corna, divorzi, litigi con le suocere si vede un pezzo di paese che normalmente scompare nel discorso pubblico.

Il grande successo della Lega – e in parte anche di “Fratelli d’Italia” – è stato quello di (fingere di) far ricomparire nel dibattito politico quel pezzo di Paese che ne era stato cacciato fuori: quelli che vivono nelle periferie, i pensionati (o quelli che desidererebbero andare in pensione), quelli che non riescono a curarsi, etc.. Ovviamente lo hanno fatto da destra: separando i “produttivi” dagli “improduttivi” (senza ovviamente accennare minimamente alle cause profonde di questa separazione), i lavoratori dai “parassiti”, soprattutto individuando, prima nella gente del Sud e poi – più efficacemente, quando il Sud è diventato un potenziale bacino elettorale – gli “stranieri” e i “marginali” come il nemico e il concorrente – immediatamente visibile, in carne e ossa – da sconfiggere. Dunque, le classi popolari appaiono – a differenza che nei discorsi della “sinistra” dove sono completamente assenti (come è assente il tema del lavoro e del welfare), ma in una forma distorta e manipolata: come profondamente divise tra chi è dentro e chi è fuori, in una guerra di tutti contro tutti che tiene in salvo solo chi è abbastanza potente o benestante. Hanno messo in primo piano sentimenti esistenti, quello della rabbia, della paura e del risentimento, e li hanno rivoltati contro gli stessi soggetti che li provavano, facendogli odiare e disprezzare loro stessi e i loro simili.

Le Sardine, di fatto in continuità con il PD, hanno invece attinto ad un immaginario nato per essere non divisivo, solare, d’amore. Siamo belli, giovani, intelligenti, pieni di speranze: chi vuole essere come noi stia con noi, tutti gli altri si crogiolino pure nell’odio. Il limite di questo discorso, indubbiamente potente e affascinante, è che non può arrivare a toccare proprio quelli ai quali, in teoria, dovrebbe essere rivolto. Può funzionare a riattivare solo chi è già all’interno di un determinato perimetro – come dimostra anche l’esperienza delle Regionali in Emilia Romagna – ma non strappa all’”esercito avversario” nemmeno un singolo “soldato”. Ovviamente questa è un’impresa difficile, per realizzare la quale nessuno di noi ha soluzioni o ricette già sperimentate o vincenti. Ma credo sia fondamentale dirsi che la sfida è PROPRIO QUESTA. Non negare la rabbia e la paura, ma dargli un nome e far sì che si rivolgano e risolvano nella giusta direzione.

Ma torniamo a Maria. Che non penso che la de Filippi sia Che Guevara – spero – di non aver nemmeno bisogno di dirlo. Però lei ha una capacità. Lei fa tornare al centro di un discorso – forse non il migliore, non quello che vorrei io –, ma in un discorso potente tutti quelli che da decenni ne sono stati esclusi.
In “C’è posta per te” si racconta un’intimità – e questa è certo una perversione della società dello spettacolo – fatta di emigrazione, violenza domestica, abbandono, servizi sociali e galera.
Parto da qui, dalla galera e dal modo in cui se ne parla: mai con disprezzo, mai come una colpa indelebile, semplicemente “tuo padre per un periodo non c’è stato, è stato lontano da casa”, è un dato di fatto, mai un marchio.
La povertà, con tutto quello che si porta dietro – l’abbrutimento delle relazioni, la violenza, anche la complicità in atti criminali – è solo una condizione, mai una colpa o un motivo per scaricare odio su qualcun altro.
L’elemento più reazionario che individuo nel suo racconto è l’àncora alla quale, in fin dei conti, propone di aggrapparci, la famiglia. Non è una famiglia del mulino bianco, anzi spesso è infernale. Ma è tutto quello che abbiamo: capire il contesto che ci ha portati a sbagliare, a soffrire e provare a perdonare, a capire, a renderlo meno disumano.

Maria de Filippi nel contestualizzare, provare a rappresentare e a spiegare, non è Émile Zola non racconta gli ultimi – con le loro brutture e piccolezze – avendo davanti a sé un orizzonte di riscatto. Forse è più Eugène Sue: li mette al centro del loro stesso racconto, con uno sguardo forse paternalistico, ma attento, di riconoscimento e dignità (nei limiti in cui può esserlo in quel contesto).
Sa che “loro” ci sono, che esistono, che le loro storie vanno raccontate. Non solo quelle dei ricchi che passeggiano alle Tuileries o nei Grands Boulevard, ma anche quelle degli abitanti dei vicoli e delle bottegucce.
Non solo quelle dei bei ragazzi che conoscono l’inglese e viaggiano per il mondo.
Quelle di “C’è posta per te” sono storie straccione che appaiono brutte, crude e tristi, – come è (sempre più) straccione il nostro Paese senza sanità, con le scuole a pezzi e in cui si torna a emigrare – che forse vengono strumentalizzate, ma che almeno appaiono.
“Mi sono separata ma non posso andare via da casa, non ho soldi, viviamo in cinque in due stanze e ci scanniamo tutto il tempo”; “La amo, ma non posso stare con lei perché sono dovuto andare a lavorare lontano”; “Non parlo più con i miei figli perché ho fatto scelte sbagliate e li ho condannati a un’infanzia di merda”.

Questa “apparizione”, con tutti i suoi limiti, è molto di più ed è molto più vera di quanto non abbiano “concesso” alle classi popolari le sinistre in questo Paese negli ultimi anni.
È molto più potente degli abbracci, dei baci e dei girotondi che le Sardine ci hanno propinato ieri sera, sprecando un’occasione. Di quel mondo colorato che è come l’oroscopo: tutti ci riconosciamo perché nel descriverci non dice mai nulla di male (sei sensibile, sei creativo, sei determinato, etc. etc.), ma nemmeno mai niente di vero.

Viola Carofalo