Non perché il Rosatellum bis: l’attuale sistema elettorale misto proporzionale/maggioritario votato dal Parlamento nel 2017, sia migliore rispetto ad un sistema proporzionale (con eventuale sbarramento al 3-5%), né perché non vi siano – come molti pontificano – i tempi per l’approvazione di una nuova legge, ma semplicemente perché non c’è convenienza politica per nessuno: né per i partiti grandi a cui questo sistema assicura comunque un potere egemonico sulle e nelle rispettive coalizioni, né, tantomeno per i partiti piccoli a cui il Rosatellum garantisce margini certi (anche se non ampi) di sopravvivenza.
Ma non è solo tattica. L’incertezza del quadro politico e la conseguente indeterminatezza sul versante parlamentare è accentuata da due novità decisamente dirompenti le cui ripercussioni sull’intero assetto politico non tarderanno. Prima di tutto c’è la tanto temuta riduzione dei seggi parlamentari: 345 scranni in meno sugli attuali 945 (ovvero una riduzione degli eletti di un buon 36%) che pone a rischio lo scranno di tutti e la sopravvivenza di intere compagini.
A filosofare sul Sindaco d’Italia o sul Presidenzialismo (per entrambe le riforme servirebbe, fra l’altro, una revisione costituzionale) si provvederà col tempo sebbene vi sia ormai un’ampia consapevolezza sui molti limiti manifestati da tutti i sistemi elettorali escogitati (più o meno furbescamente) nella seconda/terza repubblica
.Daniele Marchetti



