Disastro ambientale, danneggiamento, ricettazione e distruzione dell’ambiente marino. Sono gli ennesimi sfregi che, stando a quanto viene ipotizzato dalla Magistratura, la mano dell’uomo ha inferto a quella che è la nostra principale risorsa: il mare. Una risorsa di una bellezza tanto invidiabile quanto vulnerabile, troppo spesso sottovalutata e male utilizzata. Una risorsa la cui vitalità adesso risulta ampiamente compromessa. Quello che emerge dall’inchiesta della Procura di Taranto è un quadro a dir poco desolante se è vero che pur di lucrare lauti profitti dalla vendita di una specie protetta come il “dattero di mare” non si è esitato a provocare, senza alcuno scrupolo, danni permanenti all’ecosistema della fascia costiera orientale jonica. Secondo gli esperti, l’attività oggetto di indagine è stata capace di causare la desertificazione di un’area di circa 3000 metri quadrati con gravissime ripercussioni su tutta la flora e la fauna esistente nella zona. Davvero una brutta pagina in un momento in cui è invece necessario salvaguardare la natura in ogni sua forma prima che sia troppo tardi.


