Il viceministro Maurizio Leo, incaricato dalla premier Giorgia Meloni del ridisegno dell’organizzazione dei tributi in Italia, ha presentato il disegno di legge delega di riforma della tassazione alla comunità degli investitori della City di Londra
L’obiettivo era quello di rassicurare la platea dei soggetti industriali e finanziari, potenzialmente interessati al nostro Paese come base per futuri insediamenti e operazioni d’investimento, in merito al nuovo corso del governo di centrodestra in tema di imposizione, materia nella quale l’Italia è purtroppo considerata, non a torto, scarsamente affidabile e poco stabile e, di contro, eccessivamente complicata e, quel che è peggio, opaca.
Il viceministro Leo ha espresso l’auspicio che la proposta governativa di rivoluzionamento del Fisco possa diventare legge dello Stato tra maggio e giugno, specialmente in virtù dell’avallo giunto direttamente dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, attraverso la firma apposta dal Quirinale sul disegno di legge che ne ha permesso la trasmissione al Parlamento per l’avvio dell’esame e della discussione.
Il cuore del pacchetto di interventi, per quanto attiene al segmento delle imprese, risiede nell’Ires, un tributo destinato in prospettiva a inglobare pure l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, con l’obiettivo di unificare le basi imponibili e di introdurre un livello base di premialità per le aziende che assumono e investono e un ulteriore livello addizionale per gli imprenditori ordinari e per garantire la necessaria liquidità ai servizi pubblici universali come quello sanitario, oggi finanziato da una quota sostanziale del gettito della stessa Irap.
Due fronti non da poco, se si considera che sul primo punto, gli incentivi alle assunzioni, il presidente nazionale di Confindustria, Carlo Bonomi, si è espresso molto criticamente: “Assumere è già mestiere degli imprenditori, semmai le stesse risorse dovrebbero essere assegnate alla riduzione del costo fiscale del lavoro”; mentre sul capitolo del prospettato superamento dell’Irap, le organizzazioni sindacali, a partire dalla Cgil, hanno manifestato la preoccupazione di una riforma fiscale orientata alla privatizzazione strisciante dei settori di pubblico interesse, dalla sanità alla scuola.
Paure fugate dallo stesso Leo, che nelle pur brevi consultazioni con le parti sociali ha espresso la rassicurazione che la prima fase di attuazione del cammino di riforma tributaria avverrà a invarianza di gettito, con l’intento semmai di distribuirne il carico secondo modalità più eque tra categorie di contribuenti e tra tipologie di basi imponibili, superando differenziazioni oramai improprie e anacronistiche e tali, anzi, da favorire fenomeni contrari ai principi di uguaglianza e giustizia sociale.
Nell’ambito della promozione dei comportamenti virtuosi dei contribuenti aziendali, il numero due del dicastero del MEF, di fatto “Ministro junior” delle finanze, ha comunicato l’intendimento di procedere a un sistema di premialità fondato sull’utilizzo delle pagelle, oggi rappresentate dagli Isa, i cosiddetti indici sintetici di affidabilità: in pratica, più alto è il voto preesistente, maggiore sarà il beneficio riconosciuto all’azienda che potrà godere di un quadro normativo e impositivo certo e stabile, nell’arco di un determinato numero di anni successivi, a partire dal momento dell’adesione.
Anche chi parte da una valutazione e da un voto Isa più basso potrà ambire alla medesima opportunità, a condizione di versare una cifra iniziale più elevata all’erario che gli garantirà una stabilità conseguente della cornice tassativa di riferimento.
Attualmente, soltanto i maggiori gruppi e le più grandi compagnie possono accedere a questo tipo di trattamento; l’obiettivo del Governo Meloni è di renderlo il più democratico possibile.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




