O almeno supportato da vere liste civiche: con il nome di Conte in bella vista – “lo chiedono anche dai territori” – o anche con altre sigle, soprattutto nel Nord dove i 5Stelle sono evaporati. Ragionamenti che prendono una luce diversa, nel lunedì dell’ordinanza con cui il Tribunale civile di Napoli azzera le cariche e rimescola gli equilibri nel M5S della guerra frontale: quella tra il presidente da ieri “congelato”, Giuseppe Conte, e l’ex capo che la sua carica di presidente del comitato di garanzia l’aveva lasciata sabato scorso, Luigi Di Maio. Ora, dopo il provvedimento di giovedì 3 febbraio, sta tutto nelle mani e nella pazienza di Beppe Grillo, il Garante, il padre del M5S che non sa camminare da solo.
Dovrà essere lui a decidere quale sarà futuro dei 5Stelle: se quello indicato da Conte, che passa da una votazione che lo riconfermi come presidente, insomma come capo, oppure se – come invoca l’avvocato degli attivisti, Lorenzo Borrè – ordinare un voto per un organo collegiale. O meglio “il comitato direttivo”, come avevano deciso gli Stati generali dei 5Stelle nel dicembre 2020, che prenda le redini.
“Beppe dovrebbe far rinominare il comitato di garanzia ora sciolto, che a sua volta dovrebbe indire le votazioni per l’organo collegiale” spiega una fonte qualificata. Ma il Garante cosa vuole fare? Il suo lunedì lo passa sentendo avvocati e notai. A dir poco irritato. Rifiuta quasi tutte le telefonate da 5Stelle di vario ordine e grado. E non c’è certezza neppure di un contatto con Conte, che pure nel pomeriggio fa diffondere una nota che parla del voto per modificare lo Statuto. Una mossa che nasce dalla riunione nella casa romana dell’ex premier con il reggente Vito Crimi, un notaio e un legale. Conte li ascolta, soppesa tutto, poi dichiara a una folla di cronisti: “La mia leadership nel M5S si basa sulla condivisione di principi e valori, è il legame politico prima che giuridico, quindi non dipende dalle carte bollate. E lo dico da avvocato”.
Di certo ieri il post “profetico” di Grillo rimbalzava su tutti gli smartphone dei parlamentari del M5S, spaventati. Mentre un passo di lato c’è lui, Di Maio. L’avversario di Conte, che attende un segnale dall’altro fronte. “Ora servirebbe un punto di caduta politico, dovremmo ragionare assieme di un organo collegiale condiviso” sussurra un dimaiano di peso. Ma Conte e i suoi vogliono evitarlo, a ogni costo. Per l’avvocato l’ex capo ormai è il primo nemico.
“Di Maio andava in piazza per sostenere le nostre battaglie civili, oggi per esibire una corrente e attaccare la leadership” sibila Conte a Otto e mezzo. Per poi rivelare: “Ho sentito Luigi per telefono e mi ha detto che è desideroso di esprimere idee e progetti”. Certo, ammette l’ex premier, “non è nell’orizzonte delle cose che venga espulso, ma non potevo far finta di nulla di fronte a questo attacco”. Però la guerra si è fatta complicata, per il Conte che risponde su un’altra croce, la regola dei due mandati: “Secondo me questa regola ha un fondamento che va mantenuto, ne vorrei discutere con Grillo, ma ragionerei sul trovare delle deroghe”. Di più non può dire, in una sera così.
LUCA DE CAROLIS



