LISTE D’ATTESA, SCHILLACI BUSSA A GIORGETTI: “SERVONO ALMENO TRE MILIARDI IN PIÙ SUL FONDO SANITARIO”

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I dati Istat sono allarmanti e potrebbero peggiorare e aggravarsi ulteriormente nel corso della stagione estiva per effetto dei mutamenti climatici, colpendo in particolare le categorie anziane

L’istituto nazionale di statistica ha calcolato che 2 milioni e mezzo di cittadini italiani, di cui un milione 700.000 afflitto da più di una patologia, rischiano per i lunghi tempi di attesa nel settore sanitario pubblico, di dover rinunciare a esami diagnostici o trattamenti terapeutici, ovvero di essere di fatto obbligati a ricorrere al privato, sostenendo una spesa – addizionale rispetto alle imposte e tasse che servono già a finanziare il SSN – incompatibile con i principi costituzionali della universalità, accessibilità e mutualità delle cure la cui offerta spetta allo Stato ovvero alle articolazioni regionali.

Il Ministro della salute, professor Orazio Schillaci, ha a propria volta indirizzato un appello alle Regioni, affinché mettano immediatamente a terra, con azioni concrete, le risorse assegnate dal suo dicastero per l’abbattimento delle liste di attesa, inclusi i fondi che per tale finalità non furono spesi nel 2022 e che il Governo ha confermato per l’anno in corso con vincolo a valere sullo stesso obiettivo.

Il Ministro, scelto dalla premier Meloni per il proprio profilo tecnico e per la provenienza dal mondo accademico, ha inoltre annunciato un piano strutturale sia di nuove assunzioni, sia di valorizzazione economica del personale medico e infermieristico operante in particolare nei punti di pronto soccorso e di accettazione delle emergenze, dove si annidano e concentrano le criticità principali.

Questo proposito dovrà però trovare il proprio corrispettivo nella legge di bilancio che sarà redatta a partire da settembre per l’esercizio 2024.

Secondo l’opposizione, a partire da Italia viva e Azione, le rassicurazioni del professor Schillaci non bastano: per ridurre le liste di attesa fino al loro tendenziale azzeramento, servono non meno di undici miliardi, una somma importante ma che potrebbe essere recuperata dai surplus di bilancio lasciati in eredità dal Governo di Mario Draghi – rispetto al quale Fratelli d’Italia si collocava all’opposizione – prima che gli stessi vengano dilapidati da scelte di spesa pubblica diverse ovvero dalla stagnazione macro economica in arrivo nel nostro Paese, e ignorata dalla Premier Meloni, a causa della crisi del colosso industriale tedesco.

Italia viva e Azione, inoltre, hanno ricordato in più occasioni la straordinaria opportunità andata intenzionalmente perduta del Mes sanitario, con cui l’esecutivo di Giorgia Meloni avrebbe potuto avere a disposizione fino a 37 miliardi di euro a condizioni debitorie molto agevolate per progetti di riorganizzazione e potenziamento del sistema della sanità e della tutela pubblica del diritto alla salute, integrando i reparti carenti e mancanti e riportando specializzazioni importanti nella sfera mutualistica e mutuabile del SSN.

Attualmente, le principali fonti di finanziamento della sanità statale e regionale sono i ticket, l’addizionale regionale Irpef, l’imposta Irap sulle attività produttive oltre alle contribuzioni del dicastero della salute a valere sulla fiscalità generale e confluenti nel fondo sanitario nazionale, che le opposizioni parlamentari accusano essere stato de-finanziato in termini reali rispetto all’andamento dell’inflazione e in proporzione al prodotto interno lordo, al di sotto del minimo sindacale della media UE.

Nella delega fiscale appena approvata dal Parlamento, viene postulata a parità di gettito la graduale abolizione dell’imposta Irap, applicata e riscossa dalle singole Regioni, che dovrebbe essere sostituita da una addizionale Ires, l’imposta sui redditi netti delle società, con gli stessi obiettivi di finanziamento dei servizi sanitari.

Mentre rimane un gigantesco punto interrogativo quello che sarà l’effetto del disegno di legge Calderoli sulla cosiddetta autonomia differenziata che molti, anche fra i governatori di centrodestra delle Regioni del Mezzogiorno, temono possa mettere in discussione i livelli essenziali di prestazione e di assistenza fondamentali per rispettare l’articolo 3 della nostra Costituzione.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI