Lo tsunami “verde” investe le due sponde dello Stretto

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In una Sicilia afflitta da ataviche carenze infrastrutturali e da seri problemi economici il progetto del ponte sullo stretto di Messina che da tempo mantiene in vita un consiglio d’amministrazione con notevole dispendio di denaro pubblico, oggi pare con l’ approvazione del Cipress essere arrivato al capolinea del programma definitivo. Un progetto faraonico di 14 miliardi di euro destinato a stravolgere un lembo di terra incredibilmente fragile tra Sicilia e Calabria e che rischia di incidere negativamente sulle popolazioni di entrambe le sponde.

Un’ opera controversa che con un ponte a campata unica di 3,3 chilometri produrrà solo rabbia, macerie, e sperpero di denaro pubblico, non riuscendo ad ottenere la ripresa economica sperata. Infatti infrastrutture deficitarie accoglieranno metaforicamente le braccia del ponte protese verso le due sponde ad unire il nulla della Sicilia al niente della Calabria. Di sicuro strette in un abbraccio virtuale tra ‘ndrangheta e mafia sotto lo sguardo interessato della politica e di certa imprenditoria. Nessuno del governo Meloni si è posto il problema di cosa serva davvero a questi territori il ponte sullo stretto e quali reali vantaggi economici possano ricadere in futuro sulle due regioni confinanti. Un’ opera propagandista di personaggi come Salvini che nel 2016 addirittura riteneva inutile, rischiosa, e antieconomica. Ma si sa come “il Cazzaro verde” riesca a cambiare facilmente idea e dire tutto e il contrario di tutto. Un Ministro alle infrastrutture e ai trasporti non solo dovrebbe conoscere la realtà di queste due regioni depresse del profondo sud con una viabilità autostradale e ferroviaria estremamente precaria, ma dovrebbe essere altrettanto capace a indirizzarne le priorità.

Basta ricordare che la rete ferroviaria veloce Salerno Reggio Calabria ancora è da completare, mentre in tutto il meridione e in particolare in Sicilia le ferrovie prevalentemente a binario unico e risalenti al “ventennio” annaspano nel deserto dell’arretratezza non offrendo un servizio degno dei livelli medi europei. Addirittura a Matera manca del tutto la rete ferroviaria. Inoltre Una rete autostradale vetusta, costellata da frequenti deviazioni, con eterni cantieri aperti che ostacolano pesantemente la viabilità rendono il tutto surreale.

Peggiore la condizione delle strade ordinarie vere trincee agli occhi degli automobilisti. Un vero disastro che farebbe bene a Salvini constatare di presenza. Nonostante le manifestazioni popolari crescenti del No al ponte, pare che in autunno dovrebbero partire le prime opere e aprirsi i primi cantieri. Allora si che la città di Messina sarà in ginocchio! “Il grido di dolore della città” infatti non viene recepito dai signori del “Palazzo” e quello che era considerato solo un miraggio elettorale e che da molti anni sottrae risorse fondamentali allo sviluppo dei territori ora rappresenta un incubo. Intanto Messina pagherà il prezzo più alto per un’opera inutile, antieconomica e dannosa per l’ ambiente, come gridato ripetutamente dalla responsabile del Wwf Anna Giordano.

La questione meridionale con il divario stridente tra nord e sud sembra non interessare questa destra e non sarà il ponte sullo stretto, sempre se realizzato, a colmare le diversità economiche esistenti. Il meridione senza una attenta politica di espansione resterà con o senza ponte il fanalino di coda del Paese. Questa parte meravigliosa d’Italia dalle molteplici bellezze paesaggistiche, artistiche e monumentali, scrigno di tesori millenari resterà piegata così alla sua condizione atavica di disagio economico e di arretratezza. Il “Cazzaro verde” “mono neurone impazzito” di questo governo piuttosto che creare opportunità di lavoro e di rinascita economica per le popolazioni del meridione vede soltanto il profondo sud come territorio di conquista per gli interessi dei ricchi capitali del nord, portando avanti il progetto ponte sullo stretto.

Dott. Paolo Caruso