L’ULTIMO SALUTO A BERLUSCONI, FONDATORE E LIQUIDATORE DELLA SECONDA REPUBBLICA

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Il messaggio del Premier albanese Edi Rama: “Fu un buon amico del nostro Paese. Addio, Presidente”

La notizia è di quelle che – specialmente nel giorno di lunedì – portano a dire, come prima reazione: non può essere successo! Invece si comprende che è tutto vero quando, a un iniziale brevissimo lancio di agenzia, se ne stratificano altri nell’arco dei successivi sessanta minuti, sempre più analitici, sempre più precisi, portato di quella società dell’informazione, anzi del consumo dell’informazione, che è patrimonio non più soltanto degli addetti ai lavori.

Silvio Berlusconi ha perso la più decisiva delle battaglie, arrendendosi alle conseguenze della malattia che nel periodo pasquale lo aveva costretto a un ricovero protratto insolitamente lungo per una persona del suo riconosciuto dinamismo.

A lui, Capo del Governo più longevo tra il 1994 e il 2011, arresosi solo di fronte all’evidenza di una speculazione finanziaria irrefrenabile abbinata alla speculazione politica di alcuni suoi ex amici dell’allora maggioranza, il Duomo della sua amata Milano, dove nacque 86 anni fa, spalancherà le porte venerdì per tributargli i funerali di Stato.

Per chi come me vive e lavora in Albania, fa piacere constatare come uno dei primi commenti e messaggi, segnati da una particolare vena umana, giungano proprio dal Primo Ministro di Tirana, il leader socialista Edi Rama: “Addio Presidente, buon amico dell’Albania”.

Messaggio autentico: ricordo benissimo quel drammatico marzo del 1997, quando in Adriatico si consumò la tragedia dell’affondamento della nave Kater Rades, partita dall’Albania – all’epoca ancora dilaniata dalle guerre civili post comuniste – per raggiungere le coste pugliesi, ma la collisione con una corvetta della Marina militare Italiana portò al naufragio di 120 persone di nazionalità Albanese, soprattutto donne e bambini, e per 83 di queste non vi fu più nulla da fare.
All’epoca vigeva il Governo di centrosinistra di Romano Prodi che aveva disposto il blocco navale nei confronti della rotta balcanica.

Ebbene, qualche giorno dopo, in una Pasqua che gridava dolore, a Brindisi accorse Silvio Berlusconi, all’epoca leader dell’opposizione di centrodestra il quale – assieme al compianto amico e collega in Forza Italia Antonio Martino – fece visita ai superstiti del naufragio, rilasciando una dichiarazione spezzata da lacrime sincere e partecipative del lutto collettivo: “Credo che l’Italia non possa dare al mondo l’immagine di chi butta a mare qualcuno che fugge da un Paese vicino, temendo per la propria vita cercando salvezza e scampo in un altro Paese che ritiene amico. Dobbiamo lavare questa macchia, che sarà pure venuta dalla sfortuna, ma che è venuta da una decisione (il blocco navale, ndr) che non doveva essere presa”.

Successivamente, tra il 2001 e il 2011, con un intervallo di un biennio ai banchi della minoranza parlamentare, nel ruolo di Capo del Governo, Silvio Berlusconi diede un contributo importante per avviare in maniera irreversibile il deciso cammino europeo e atlantico dell’Albania, e proprio nel corso dei suoi Esecutivi, dalla cabina di regia di palazzo Chigi, creò le condizioni per la mobilità scolastica, formativa e lavorativa dei cittadini del Paese delle Aquile nel territorio della UE.

Non è compito di chi scrive formulare giudizi preconcetti in un senso o in un altro: per questi, vi sono già decine di migliaia di pagine di letteratura romanzata, statistica, dietrologica, giurisprudenziale, alla cui lettura rimando chiunque sia interessato.

In questa sede, è stato importante per me evidenziare, per ovvie ragioni affettive, uno specifico episodio al quale mi sento in particolare legato.

Silvio Berlusconi è divenuto politico attivo quando io, che mi professavo simpatizzante repubblicano e socialista, avevo soltanto 19 anni: da lui è partita quella seconda Repubblica nella quale ho iniziato a muovere i primi passi come studente, come attivista politico (anima non di rado critica nelle locali sezioni di Forza Italia), come lavoratore della comunicazione e dell’associazionismo economico e infine come emigrato all’estero da oramai 9 anni.

La seconda Repubblica, in senso politico, era già da tempo in regime di liquidazione, per responsabilità molto più ampie e molto più diffuse e non riducibili al ruolo di una sola persona: nata sulle pulsioni populiste seguite alle inchieste del 1992, è rimasta schiacciata dagli eccessi del populismo e di un leaderismo che parla solo più a ristrette cerchie di fedelissimi alimentando il non voto.

Al netto di quelle patrimoniali e familiari, Silvio Berlusconi lascia a chi attualmente siede a palazzo Chigi l’eredità di avere potuto progressivamente trasformare la tradizione leghista e missina in cultura di governo, e non è poco. Però ricevere un’eredità non significa automaticamente essere eredi.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI