Ma non si era detto di abbassare i toni, evitando violenza verbale?

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Mancava in piazza il generale Roberto Vannacci, ma a incendiare gli animi ci ha pensato direttamente la presidente del Consiglio, in un attacco all’opposizione senza precedenti, paragonata direttamente ad Hamas. Davanti a duemila sostenitori, accorsi al comizio di chiusura della campagna per le regionali in Toscana in una (piccola) piazza del centro di Firenze, Giorgia Meloni dileggia «la sinistra italiana» che a suo dire «è più fondamentalista di Hamas, prigionieri di un radicalismo ideologico che non sanno più come saziare e gli impedisce di ragionare con razionalità e responsabilità». E questo perché l’opposizione non avrebbe riconosciuto il ruolo fondamentale di Trump nella tregua a Gaza.

Hamas e Israele «non firmano né per gli scioperi di Landini, né per Albanese che sta lì a insultare la senatrice Segre, nè per Thunberg sulla Flotilla. C’è una persona che bisogna ringraziare: è Donald Trump, un presidente repubblicano, in linea con i presidenti repubblicani che la pace la portano e non la creano», prosegue la premier, dimenticando peraltro le guerre di Bush padre e Bush figlio, dall’Iraq all’Afghanistan, entrambi repubblicani.

Insomma, mentre il mondo festeggiava l’accordo in Medio Oriente, Meloni — che ha confermato la presenza al Cairo per la cerimonia della firma — fa notare che «da noi sono rimasti tutti muti». Per questo il campo largo «ormai è un Leoncavallo largo, un enorme centro sociale» di una «sinistra più che radicalizzata», che pratica «il business dell’odio».

Un’offensiva polemica che, anche volendo considerare i toni da comizio elettorale, stride con il clima in cui sta maturando una convergenza sull’eventuale missione militare a Gaza. Persino Giuseppe Conte, parlando a Scandicci accanto a Eugenio Giani, non ha escluso un voto a favore all’invio di un contingente «se si realizzeranno le condizioni per una forza multinazionale di pace».

Se Meloni ha raggiunto la vetta, con il paragone Hamas-Pd, non è che fino a quel momento sul palco i toni fossero stati diversi. Anzi, la gara con Matteo Salvini è stata a chi la sparava più grossa contro vecchi e nuovi bersagli, dal sempreverde Roberto Saviano alla new entry Francesca Albanese. Il vicepremier leghista aveva già provato il colpaccio nel pomeriggio, con una passeggiata anti-spacciatori al parco delle Cascine, trovando purtroppo solo runner, cani a passeggio e mamme con i bambini.

Sfumato l’effetto citofono (come al Pilastro nella famosa campagna elettorale a Bologna), Salvini ha ripiegato su Albanese e Greta Thumberg: «Altro che dare, come ha provato a fare la sindaca Funaro, la cittadinanza onoraria alla signora Albanese. Spero che l’Onu la licenzi domani mattina, perché non mi rappresenta e non vi rappresenta. A casa vale anche per lei». Quindi il suggerimento alla relatrice speciale delle Nazioni Unite per i palestinesi: «Prendi una barchetta a Livorno, fai una Flotilla personale e non rompere i coglioni».

Francesco Bei