MALTEMPO: PAURA IN PIEMONTE, IN PIANURA PADANA CON L’ACQUA SALE IL CONTO DEI DANNI

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Lo spostamento del baricentro del maltempo dall’Emilia Romagna al Piemonte sta facendo rivivere, nelle menti di molti cittadini della regione subalpina – compreso chi scrive – il tragico ricordo dell’esondazione del Tanaro che nel 1994 determinò la riscrittura delle strategie di protezione civile e di prevenzione idrogeologica a livello nazionale

Strategie che però, nel corso di questi ultimi 29 anni, hanno sempre dovuto fare i conti, in ogni senso, con le mai sufficienti disponibilità dei bilanci statali e regionali, e con politiche di programmazione urbanistica e territoriale che, al netto dei buoni principi sempre declamati in premessa, in molti casi hanno ceduto il posto a interventi edilizi, pubblici e privati, di dubbia sostenibilità.

I Ministri dell’interno e delle infrastrutture, Matteo Piantedosi e Matteo Salvini, hanno svolto nella funestata via Emilia un summit con il Governatore regionale Stefano Bonaccini, stimando un primo elenco di danni per 620 milioni di euro. Tale calcolo, che non tiene in considerazione i danni arrecati dall’alluvione al demanio locale, potrebbe però rappresentare soltanto la nona o la decima parte del bilancio che complessivamente il Governo di Giorgia Meloni – rientrata in anticipo in Italia dal Giappone dove era in corso il G7 – sarà chiamato a fronteggiare con risorse proprie e con quelle sollecitate a Bruxelles dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti attraverso l’attivazione del meccanismo europeo di solidarietà nell’ambito della protezione civile.

Gli oltre 600 milioni di euro quantificati nel corso del summit tra palazzo Chigi e giunta regionale dell’Emilia Romagna, infatti, si riferiscono in via pressoché esclusiva al ripristino delle sedi stradali e ferroviarie di competenza statale.

Ulteriori forme di sostegno indiretto all’economia locale funestata dalla valanga d’acqua dovrebbero inoltre provenire da un provvedimento del dicastero del MEF su iniziativa del ministro Giorgetti e del vice ministro Maurizio Leo, che in accordo con l’agenzia delle entrate sarebbero pronti a portare sul tavolo del Consiglio dei Ministri, calendarizzato per questo martedì, la sospensione e il differimento degli obblighi amministrativi e fiscali a carico di famiglie e imprese danneggiate, incluse in ciò le azioni esecutive gestite dall’Erario.

In Piemonte, a preoccupare in misura speciale sono le aree del Torinese e del cuneese: a Torino i Murazzi sono stati interdetti al pubblico, mentre nell’area della val Susa è stata isolata e sgomberata la località Robert nel comune di Perosa Argentina.

Nella provincia Granda, grande apprensione per il livello di guardia raggiunto dai torrenti che attraversano il Monregalese e il saviglianese. “Occorre ridurre gli spostamenti personali allo stretto necessario, perché il rischio legato alle piogge lascerà il posto a quello successivo degli smottamenti e delle frane”, ha dichiarato dalla sala della protezione civile il Governatore piemontese Alberto Cirio.

Già in precedenza, tuttavia, l’autorità di bacino del fiume Po, per voce del suo segretario generale Alessandro Bratti, aveva lanciato, nel corso di un’audizione al Senato sulla conversione in legge del decreto Siccità, l’allarme dei fondi finanziari, pur ritenendo condivisibile l’impianto normativo di fondo del provvedimento: “Siccità ed eventi alluvionali estremi formano ormai due facce della stessa medaglia, e impongono di essere gestiti come fenomeni non più emergenziali ma strutturali e permanenti, per non farsi più cogliere impreparati.

A partire dal 2000 – prosegue l’alto dirigente dell’autorità del fiume Po – ci sono stati ben 7 anni in cui il bilancio idroclimatico (la differenza tra precipitazioni ed evaporazione) del Distretto è risultato fortemente negativo con un aumento dell’intensità e della violenza dei singoli eventi piovosi ma con una riduzione complessiva del numero di eventi totali. Con il risultato di un rilevante calo delle precipitazioni medie nel distretto del fiume di circa il 20% su base annua e del 35% nel periodo gennaio-agosto.

La diminuzione progressiva delle precipitazioni nell’ultimo ventennio ha fatto registrare un abbassamento significativo della portata media in chiusura di bacino (la sezione del Po a Pontelagoscuro) di circa il 20% su base annua e del 45% nella stagione estiva”.

Il decreto Siccità può quindi essere un primo passo decisivo per il compimento di un definitivo salto culturale mai perfezionato nel corso di questi 29 anni, ma al nuovo quadro chiarificatore delle funzioni devono corrispondere risorse certe per renderle esercitabili: “Data la rilevanza del distretto del fiume Po che si estende per quasi 90.000 chilometri quadrati e comprende ben otto regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche), la Provincia autonoma di Trento e parte del territorio francese e svizzero, parliamo un’area strategica per il Paese, per cui la relativa Autorità di distretto va messa nelle migliori condizioni di operare. Pertanto, sarebbe opportuno che il fondo di funzionamento a questa dedicato venisse almeno in parte reintegrato delle risorse che le sono state recentemente tagliate con la legge di Bilancio 2023 senza nessuna motivazione, ripristinando almeno 2 milioni a fronte dei circa 4,5 milioni che ci sono stati decurtati all’inizio di quest’anno”.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI