Margherita

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Eravamo arrivati ad Elva dopo aver per­corso il vallone della morte di mattina presto. Non sapevo ancora di preciso cosa avrei raccontato ed entrammo, anche per ripararci dal freddo, nella parrocchiale. Qui ci sono gli affreschi del Maestro d’Elva, il pittore fiammingo Hans Clemer, realizzati tra il XV e il XVI secolo. Mal che vada narreremo la storia di questo artista e le immagini completeranno l’opera. Nel buio della chiesa intravidi una vec­china che stava pregando. Mi avvicinai e comincia a rivolgerle alcune domande. La Signora Margherita aveva ottantaquat­tro anni ed era nata ad Elva dove era sem­pre vissuta senza mai allontanarsi dal pae­se. Solo una volta era stata a Torino e due a Cuneo, ma preferiva la vallata perché la città le metteva paura. Ma com’era stata la sua vita in questi posti lontani da Dio e dai santi? Com’era stata la sua giovinez­za? Margherita, a poco a poco cominciò a raccontare e si illuminò parlando dei “caviè”. Intanto Elva, ai tempi della sua gioventù, non era per nulla spopolata e le anime erano quasi duemila. Lei, insie­me ai suoi due fratelli e tre cugini girava tutto il giorno per il paese a raccogliere i capelli. Li infilavano in grossi sacchi e li portavano a casa. Qui venivano lavati e selezionati. Ogni casa era un laborato­rio. Erano quindi venduti ai grossisti che li spedivano a Parigi, Londra e New-York e trasformati in parrucche per i Lord e le attrici. Mi disse proprio “Lord”. Ma chi erano questi Lord? Non lo so, mi rispose Margherita “personaggi strani che si truc­cavano”. Ovviamente registrammo le sue parole e venne fuori un servizio coi fiocchi. Qualche mese dopo di Elva parlò tutta Italia. Non per i capelli ma perché nella classifica dei redditi il comune risultò il più povero d’Italia. La raccolta dei capelli apparteneva ad altri tempi ma Margherita ci aveva rac­contato un pezzo di storia vissuta. E mi vedranno a Telecupole? Mi chiese prima di salutarci. La videro in molti ed in tanti, incuriosi­ti, salirono ad Elva.