Nell’Italia dei giudici ragazzini e degli eroi per caso, possiamo vantare un giornalista ragazzino non per caso: Maurizio Costanzo, che il giornalismo iniziò convintamente a praticarlo all’età di neanche diciotto anni, durante l’ultimo anno degli studi di ragioneria in cui si diplomò pur preferendo le lettere ai numeri
Da lì sarebbe iniziata una carriera, coltivata passo dopo passo, che appena ventenne lo avrebbe portato a intervistare il principe Antonio de Curtis in arte Totò.
Preludio a un avvenire da autentico “principe dell’informazione” scritta, televisiva e radiofonica.
Classe 1938, Maurizio Costanzo si è congedato in punta di piedi, con garbo e con l’eleganza che lo contraddistingueva quando faceva spegnere le luci e abbassare il sipario sul palcoscenico del teatro Parioli in Roma a conclusione di una puntata dello storico show che su Canale 5 portava il suo nome e che rappresentava uno sviluppo dello storico Bontà loro sulla Rai.
In un’epoca storica che pare tristemente irreversibile per i destini del giornalismo e che vede l’attualità, anche quella più tragica, trasformarsi in show – o in reality tesi a ridicolizzare la realtà delle persone – Maurizio Costanzo ebbe il merito di compiere, da ottimo pioniere quale era e fu, il cammino inverso: trasformare lo show in uno strumento per discutere la grande attualità e renderla accessibile al grande pubblico, con formati talvolta interattivi con quest’ultimo.
Lo confesso: ai miei diciassette anni di età, da forte appassionato fin da allora alla cronaca economica e politica – e intento agli studi ragionieristici al pari del “Maurizione” nazionale – sono cresciuto sui programmi di Michele Santoro e del compianto Gianfranco Funari, altri due straordinari pionieri della TV realtà (da non confondere con la spazzatura della TV reality a cui dedicherei “la strana famiglia” di Giorgio Gaber).
Maurizio Costanzo lo vidi all’opera, per la prima volta per quel che mi riguarda, nella famosa serata a reti Rai Mediaset unificate dell’autunno del 1991, in omaggio alla memoria dell’imprenditore coraggio palermitano Libero Grassi, che appena un mese prima era stato ucciso dalla mafia nel capoluogo siciliano per avere pubblicamente denunciato la piaga del pizzo.
Accanto a Maurizio Costanzo, era sul palcoscenico il simbolo assoluto della lotta a Cosa nostra, autentico eroe per me sebbene fosse egli stesso a dire che al Paese servivano non eroi ma onesti servitori dello Stato: il Giudice Giovanni Falcone, all’epoca direttore generale degli affari penali del ministero della Giustizia che, sotto la direzione politica del ministro socialista Claudio Martelli, avrebbe dato vita a una magnifica stagione di riforme legislative nel settore della lotta alle mafie di cui raccogliamo i frutti tuttora.
Falcone sarebbe stato assassinato qualche mese dopo dal tritolo a Capaci, vicino a Palermo, e lo stesso tritolo fu fatto brillare nella primavera del 1993 in via Fauro: obiettivo della criminalità organizzata stavolta era proprio Costanzo, che assieme alla moglie Maria de Filippi, e al loro inseparabile cane, si salvò per pochi secondi grazie alla circostanza di avere dovuto sostituire l’auto e l’autista all’ultimo momento, subito dopo avere concluso la registrazione del suo show ai Parioli.
Maurizio Costanzo, il signore gentleman dell’informazione e del colletto per camicie comode per ogni taglia, non è stato solamente il pioniere dello show trasformato in grande attualità; a lui si devono altre intuizioni straordinarie in ambito televisivo, come l’inaugurazione del genere della situation comedy all’italiana con le puntate della serie TV Orazio, oltre a incursioni di alta qualità nei campi delle sceneggiature cinematografiche e della scrittura di testi di canzoni d’autore come la mitica “Se telefonando” portata al successo mondiale dalla voce di Mina.
A lui si deve inoltre la direzione di Contatto, il primo notiziario televisivo alternativo ai TG di Stato di mamma Rai.
Intuizioni che dalla radiotelevisione pubblica di viale Mazzini si trasferirono a Segrate, a pochi passi dalla nebbia di Milano, e da qui contribuirono a concretizzare e a stabilizzare nel nostro Paese il mito della televisione commerciale nazionalpopolare fondato da Silvio Berlusconi sin dalla fine degli anni Settanta.
È semplice e quasi spontaneo adesso immaginare Maurizio da lassù intervallare i momenti più tesi di un dibattito sul palcoscenico con le note del pianista Franco Bracardi, altra compianta icona del Costanzo show che in quattro decenni ha funto da autentico vivaio di fenomeni dei media e della politica, primo fra tutti Vittorio Sgarbi che ieri pomeriggio ha dichiarato in lacrime, fatto inconsueto per lui, “abbiamo perso nostro padre”.
È tale è stato per tanti professionisti della mia generazione.
Lo show, in senso letterale, andrà avanti, e questa responsabilità sta a noi, in mezzo agli inevitabili – ma necessari per campare – consigli per gli acquisti.
Ciao Maurizio, papà della vera informazione con i baffi.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




