Mike Sylvester ha davanti due strade. Una lo porta ai Chicago Cubs, che lo scelgono al draft MLB

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L’altra al parquet. Sceglie la seconda. E cambia per sempre il suo destino – e un po’ anche quello del nostro basket

Gioca alla University of Dayton. La sua ultima partita è contro UCLA di Bill Walton: segna 36 punti e trascina l’incontro a tre supplementari. Non basta per vincere, ma fa rumore.
Nel 1974 viene scelto sia in NBA (Detroit Pistons) che in ABA (Carolina Cougars). Ma Mike prende un volo per Milano: lo vuole l’Olimpia, che ha saputo del nonno pugliese e punta alla naturalizzazione. Nei primi anni gioca solo in coppa: segna 23 punti nella finale vinta della Coppa delle Coppe ‘76. Il passaporto arriva nel 1977 e in Serie A1 vola: 25 punti di media. Rimane a Milano fino al 1980.

Poi arriva Pesaro. Sei anni. Sei stagioni piene, intense. Trascina la Scavolini alla prima Coppa delle Coppe (1983), e alla prima Coppa Italia (1985) con una gara di ritorno da 31 punti. È l’anima del gruppo, protagonista anche nelle risse (storica quella con Caserta), e nei ribaltoni.

Chiude la carriera in A1 con Rimini, poi due anni alla Virtus Bologna: vince ancora una Coppa Italia (1989), anche se la seconda e la Coppa delle Coppe ‘90 le guarda dalla tribuna, bloccato da un’operazione alla schiena.

Ultima tappa: Marsala, Serie B d’Eccellenza. Ma ormai Mike è leggenda.
Con la nazionale italiana gioca Mosca ‘80: argento olimpico. Gli USA avevano boicottato. Lui, naturalizzato, è l’unico americano a salire sul podio.

“Ho giocato ovunque. Ma l’Italia è la mia squadra.”
E forse è vero. Perché Mike non è solo un americano che ha giocato in Italia.
È un italiano nato altrove.

Tanti auguri di buon compleanno, Mike!