Il tavolo Stellantis ex Fiat è stato convocato dal ministro dell’industria e del made in Italy, Adolfo Urso, nella sede del dicastero a Roma più o meno nelle stesse ore in cui a Strasburgo, sede del Parlamento europeo, veniva approvato a larga maggioranza il “de profundis” dei veicoli funzionanti a combustione benzina e diesel entro e non più tardi del 2035
Un regolamento che non avrà bisogno di ulteriori passaggi di recepimento, al di là di quello che sarà il prossimo pronunciamento del Consiglio europeo (altrettanto scontato poiché la presidenza svedese della UE è la stessa che ha accelerato sulle case green per intenderci), e contro il quale hanno votato le delegazioni degli eletti di forza Italia (in contrasto con il voto ufficiale del partito popolare PPE), Lega e Fratelli d’Italia. Quest’ultimo il movimento politico di appartenenza del ministro Urso, il quale non ha fatto mistero di esprimere la propria preferenza per la neutralità tecnologica del motore, onde evitare tappe eccessivamente forzate e ravvicinate verso una transizione ecologica viziata di eccesso di ideologismo.
Occorre tuttavia fare di necessità virtù – come diceva Dante passando attraverso i gironi – ed ecco allora la ragione della riunione in cui il massimo rappresentante del governo Meloni per la politica industriale ha voluto rassicurare il gruppo, erede della storica Fiat FCA oggi a controllo francese, in merito alla continuità del piano degli incentivi: in totale, si tratta di oltre 10 miliardi da qui al 2030 per orientare i cammini di modernizzazione e trasformazione di filiera, con la contropartita corrispettiva che la compagnia automobilistica non metta in atto disimpegni nei confronti degli stabilimenti del nostro Paese e ne riaffermi nei fatti la centralità manifatturiera.
Detto in altre parole, che localizzi in Italia la base di fabbricazione di nuovi modelli di autoveicoli auto e jeep.
In cambio di ciò, palazzo Chigi e il dicastero di via Veneto si impegnano, stando in metafora motoristica, a correre più veloci nell’attuazione dei punti specifici del Pnrr che riguardano, per esempio, l’installazione di molte migliaia di punti per la ricarica elettrica dei veicoli, in uno con l’aumento della capacità di generazione di energia indispensabile per alimentarli in ogni luogo del Paese.
Mentre però Roma appare pur moderatamente ottimista, la Basilicata rischia di assumere le vesti della assediata città di Sagunto, ovvero di trasformarsi in una Mirafiori bis. Perché è presto detto, secondo le organizzazioni sindacali promotrici di una mobilitazione i cui echi sono giunti fino ai portoni del ministero della capitale: tra modelli veicolari non più rinnovati, come la 500X, e altri trasferiti in Spagna, come si ipotizza per la jeep Renegade, le rappresentanze dei lavoratori temono ripercussioni dirette e indirette su 11.000 attuali occupati, stretti fra i rubinetti degli ammortizzatori sociali arrivati al picco massimo di utilizzo, mentre a toccare il picco minimo sono le produzioni ai reparti, fra caro bollette e mancanza di componenti a causa delle tensioni sulle catene di approvvigionamento internazionali.
Melfi rappresenta il principale distretto industriale del Sud Italia da oramai quasi trent’anni: a inaugurare lo stesso, fu l’avvocato Agnelli in persona.
Altri tempi, e soprattutto altra capacità di persuasione dello Stato italiano che oggi deve confrontarsi con gli shock pandemici e bellici a Est e a oriente, e con le sirene del maxi piano di Biden deciso a sedurre le fabbriche europee e a portarle a produrre in America per il nuovo miracolo green industriale.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




