Un movimento interessante degli ultimi giorni è stato l’arretramento delle materie prime che potrebbe anticipare una discesa dell’inflazione ed un aumento meno aggressivo dei tassi da parte della Fed
Questo ha restituito un po’ di fiducia sul fatto che l’inflazione stia perdendo slancio e prodotto una corposa discesa dei rendimenti a livello globale (treasury a 10 anni sceso sotto il 3%). Maggiore ottimismo proviene anche dallo sviluppo della pandemia in Cina: riaprono scuole e aziende dopo i lunghi lockdown e anche i consumi sembrano in grado di ripartire.
Intanto al forum di Sintra Powell ha ribadito la necessità di inasprire la stance per riportare l’inflazione al target, e lasciato intendere che non si farà fermare dai timori di recessione. L’economia è forte e in grado di sopportare la stretta monetaria, e comunque lui spera di evitare una recessione, anche se ottenere un soft landing sarà “impegnativo”.
Powell ha poi osservato che i mercati hanno colto bene il messaggio, implicitamente validando il percorso di rialzo attualmente prezzato (picco dei Fed Funds al 3.5% nella prima metà del 2023). Il problema è che lo scenario macro di Powell appare un po’ troppo ottimistico: gli indicatori “anticipatori” indicano chiaramente un rallentamento significativo della crescita e il mercato comincia a temere un anticipo a fine 2022 della recessione da molti ipotizzata eventualmente nel 2023 inoltrato. La rapidità delle inversioni del ciclo economico a seguito della pandemia e dei successivi interventi delle BC, lascia pensare che tutto possa accadere, compresa una brusca interruzione della crescita.


