MUSICA E DESIGN: UNA REGALE SERATA ITALIANA IN VILLA A DURAZZO

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Ambasciata d’Italia e IIC – istituto italiano di cultura, assieme a centro di ricerca BERC, Harabel Contemporary, facoltà universitaria di architettura e Comune di Durazzo hanno riaperto al pubblico una location di alto prestigio creando le basi di una rivitalizzazione funzionale della stessa in prospettiva sistemica e ponendo fine allo stato di disuso

Il violino di Abigeila Voshtina (nuova direttrice del teatro nazionale dell’opera di Tirana) accompagnata da Jusuf Beshiri, ha riempito con le sonorità classiche e da camera di Vivaldi e Tartini una fresca sera di fine estate riscaldata dai colori degli allestimenti di Harabel Contemporary, tra luci policromatiche soffuse e lumi di candele diffuse.

Esattamente quel connubio – mai contrasto – tra modernità e tradizione, due parole che si rincorrono incessantemente nella Storia, al centro della lectio magistrale del professore accademico fiorentino Paolo di Nardo e sul quale ritorneremo dopo.

Le ambientazioni interne, al primo impatto visivo, non devono trarre in inganno il visitatore al suo primo approccio con la villa reale che dalla collina domina il mare di Durazzo offrendo albe e tramonti da cinematografia: pareti, soffitti e pavimenti, sebbene evidenzino un protratto inutilizzo storico della preziosa struttura edilizia, proprio da tale apparente condizione comunicano una storia di suggestioni fastose, gran balli a corte, di nobili ricevimenti, di preziose esposizioni che le nostre Istituzioni diplomatiche e culturali, in simbiosi con le migliori espressioni creative e artistiche locali e binazionali, sono pronte da ieri sera a fare rivivere a pieno ritmo.

“Soltanto alcune settimane fa ho assunto l’incarico di direttore dell’istituto Italiano di cultura in Albania – ha esordito il dottor Alessandro Ruggera, a capo di ICC – e, dopo il successo dell’esposizione fotografica “Italie” degli Alinari al museo storico nazionale di Tirana, sono molto lieto di introdurre l’evento odierno che si svolge in un luogo insolito, ricco di fascino e di stile ma non sempre fruibile dal pubblico. L’obiettivo della nostra iniziativa è promuovere il recupero di conoscenza e di funzionalità di edifici e siti in grado, per la filosofia architettonica che li caratterizza e connota, di fare convergere, in un “tempo sospeso” come abbiamo titolato, molte idee e progettualità pubblico private in grado di condurre il passato nella prospettiva, il sogno nella realtà. La piena conoscenza del patrimonio materiale e immateriale italiano in Albania è un fattore di sviluppo locale e integrato a tutti gli effetti”.

Concetti che sono stati rinforzati dal nostro Ambasciatore Fabrizio Bucci: “Trovo molto congeniale il richiamo alle intersezioni che poi diventano interazioni e, aggiungerei, mescolanze tra epoche storiche e tra eventi di natura diversa che si armonizzano dando vita a delle unicità come quella di stasera. Il tempo sospeso è un fattore non statico ma in continuo movimento, da cogliere con iniziative in grado di animare e dare luce a luoghi il cui potenziale può accendere i motori della crescita culturale, economica e sociale condivisa e offrire lavoro e vetrina ai talenti creativi di entrambi i versanti. Questo si colloca in perfetta coerenza con gli obiettivi della nostra missione diplomatica in Albania già in atto in diverse aree del Paese con un successo che ci rende fieri e determinati a proseguire”.

Molte e rappresentative le autorità e le rappresentanze artistiche e accademiche intervenute: dalla sindaca del Comune di Durazzo Emiriana Sako – la quale si è soffermata sulla capacità di resilienza e ripartenza del territorio municipale dopo il tragico terremoto di tre anni fa, tornando a essere il riferimento turistico e logistico dell’Albania – al preside di architettura di Tirana Armand Vokshi – che ha ripercorso le similarità poi divenute affinità progettuali e stilistiche Italo Albanesi del 900 in particolare.

A prendere la parola è stata quindi l’artista Ajola Xoxa, narratrice visiva e multimediale e cofondatrice e direttrice del centro Harabel Contemporary, che ha riepilogato la filosofia alla base del visionario allestimento di luminose coreografie con il quale le atmosfere calorose del tramonto sono entrate, anche a sera inoltrata, nei vani e negli spazi interni e si sono impresse sulle facciate esterne di villa Zog (così è denominata correntemente la villa reale di Durazzo), rafforzando il concetto di tempo sospeso.

La successiva lectio magistrale è stata svolta dal Professor Paolo di Nardo, autore di un articolato intervento sul tema del design come strumento per interpretare progettualmente le mutazioni mediterranee e armonizzare senza soluzione temporale il rapporto fra tradizione e modernità: “Due concetti che in fondo si rincorrono – ha sottolineato l’accademico fiorentino – nel momento in cui fu concepita per la prima volta, la tradizione assumeva il valore di un modernità per quella particolare epoca, e lo stesso accadde a questa splendida villa quando venne progettata e costruita; mentre la modernità di oggi potrà essere la tradizione del prossimo futuro. La cultura mediterranea, dal punto di vista artistico, è la più inclusiva in assoluto, e può essere simboleggiata dal piccolo ritratto di una ragazza che potrebbe essere nata in qualsiasi città e nei cui occhi si riassume una grande inquietudine quando l’arcangelo le annuncia che lei, vergine, metterà al mondo il figlio di Dio. Ecco, la bellezza e l’intensità talvolta drammatica si concentrano in questo ritratto. Così come nella capacità dei nostri popoli di interpretare in maniera polivalente beni già inventati e conosciuti, basti pensare a una sedia, ma che possono nascere da oggetti diversi o dare luogo a funzionalità differenti. Così in architettura, dove un grande architetto della mia città, Gherardo Bosio, fu il padre dell’attuale centro storico di Tirana, che negli anni venti e trenta del secolo scorso poteva essere inteso come modernità ma oggi rappresenta una tradizione che le nostre istituzioni diplomatiche e quelle locali sono impegnate a rivalutare e fare riscoprire al grande pubblico. Bosio unì con i propri progetti tre civiltà, ossia quella italiana, quella musulmana che era prevalente e quella balcanica”.

La serata è stata conclusa in maniera sublime dalla violinista classica Abigeila Voshtina, accompagnata dal piano di Jusuf Beshiri, i quali hanno offerto un repertorio tratto da Vivaldi e Tartini, espressione – come ha ricordato Abigeila – di un genere musicale maestoso ma che non era ammesso al tempo del regime comunista, e le cui note hanno risuonato pertanto più potenti e autorevoli dal violino suonato con mano poetica.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI