NEL 2024 TORNERÀ L’AUSTERITY? GIORGETTI: PROSSIMA LEGGE DI BILANCIO IN LINEA CON IL PATTO DI STABILITÀ

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Mentre si parla di maxi incentivi alla natalità, così come di riforma fiscale favorevole ai redditi delle classi intermedie, la realtà all’orizzonte – al netto dei 3 miliardi per la riduzione del cuneo fiscale contributivo e dei 4 miliardi e mezzo destinati al fondo per la riduzione della pressione tributaria – potrebbe indicare sviluppi molto diversi da quelli declamati da più di un esponente politico anche dell’area di governo

Se da un lato l’ufficio parlamentare del bilancio e la Banca d’Italia hanno espresso primi pareri positivi sul Def, il documento di economia e finanza del governo Meloni ora all’esame delle due Camere, per la coerenza con gli scenari macroeconomici esterni, ciò non necessariamente può essere considerato un pregio assoluto, se alla prudenza non viene associata l’ambizione delle politiche fiscali fin dal breve periodo.

Su queste ultime, nel corso della propria audizione parlamentare, il ministro titolare del MEF, Giancarlo Giorgetti, si è espresso nel senso di dichiarare che il quadro sarà più chiaro nei mesi a venire in relazione all’effettivo ritmo di crescita del prodotto interno lordo che verrà recepito nella nota di aggiornamento al Def solitamente adottata in autunno.
Da quel momento in avanti, però, gli spazi saranno ulteriormente ristretti, poiché – si legge nelle considerazioni dello stesso Ministro di fronte ai colleghi parlamentari delle Commissioni Bilancio – la manovra economica di competenza dell’esercizio 2024 dovrà nuovamente tenere conto del pieno ripristino dei vincoli insiti nel patto di stabilità dell’Unione Europea, che la Commissione di Bruxelles sospese nella primavera del 2020 per fare fronte alla prima ondata pandemica.

Ciò, molto banalmente e altrettanto brutalmente, significa che si stanno utilizzando i restanti mesi del 2023 per interventi a carattere temporaneo e a basso impatto sul PIL, mentre non vi è traccia alcuna di anticipazioni di politiche fiscali più vigorose in linea con gli obiettivi strategici del progetto di riforma tributaria in attesa di essere trasformato prima in legge e poi in decreti attuativi.

Anche perché sulle prospettive dell’intensità del segno più davanti alle variazioni del reddito nazionale continuano a pesare le incognite connesse all’alta inflazione, destinata a rimanere tale al netto delle componenti energetiche peraltro di nuovo accreditate in aumento sulle nostre bollette, posto che della temporanea riduzione di queste ben pochi si sono accorti.

Il ministro del governo Meloni ha lanciato l’idea di una manovra shock sulla natalità da attuarsi con l’introduzione di una maxi detrazione da 10.000 per i nuclei familiari con almeno due figli a carico fino all’età universitaria degli stessi; risorse da recuperare all’interno dei 165 miliardi di spesa annua dello Stato per le detrazioni fiscali, le cosiddette tax expenditures, a discapito dei contribuenti singoli e senza carichi familiari.

Il che, ci sia permesso dirlo a voce alta, risuona come un sinistro campanello d’allarme nei confronti della popolazione pensionata, in un Paese dove l’invecchiamento medio della popolazione è più elevato della media europea e nel quale il maggior numero di casi di nuclei familiari formati da una sola persona si rinviene nelle categorie anziane, di cui anche il governo Meloni – al pari di quelli che lo hanno preceduto – sembra volere ignorare l’apporto in termini di welfare a favore di figli e nipoti.

Insomma, la tanto ipotizzata maxi detrazione per imprimere uno scossone all’aumento delle nascite e delle culle in Italia, potrebbe trasformarsi nella tomba della solidarietà intergenerazionale, dal momento che – per ammissione non tacita ma palese dello stesso Giorgetti – un simile intervento per il rilancio demografico su base familiare dovrà giocoforza avvenire in prima fase a somma zero e rimodulando il panorama delle attuali tax expenditures, di cui peraltro si punta al ridimensionamento in termini di totali assoluti.

A spese di chi, tenuto conto della scarsa efficacia degli aiuti varati dai precedenti Governi – e confermati senza migliorie dall’attuale – per incoraggiare il rientro degli Italiani emigrati all’estero per motivi di lavoro e di ricerca universitaria e scientifica e l’arrivo di nuovi contribuenti da altri Paesi, da cui possa derivare un allargamento delle basi tassabili senza infierire sugli imponibili attuali?

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI