Nel M5S riparte la guerra delle carte bollate. E traballa di nuovo la leadership di Giuseppe Conte.
Gli attivisti dissidenti di Napoli (stavolta sono 8, sempre difesi dall’avvocato Lorenzo Borrè) hanno spedito ieri sera l’atto di citazione per ricorrere contro le votazioni bis sullo statuto del Movimento, sull’elezione di Conte e di tutte le nuove cariche del partito, dai 5 vicepresidenti ai probiviri, al comitato di garanzia.
Il foro scelto dai dissidenti è sempre quello di Napoli, dove l’avvocato Borrè l’ha spuntata nei primi due round legali: prima il 7 febbraio, quando sono stati sospesi in blocco lo statuto e l’elezione di Conte a presidente del Movimento. Poi il 9 marzo, quando i giudici hanno respinto il ricorso presentato dall’ex premier e dal suo pool di avvocati. In attesa dell’udienza di merito, rinviata al prossimo 17 maggio, Conte, col placet di Beppe Grillo, ha voluto comunque resuscitare l’intera nomenclatura stellata.
Facendo rivotare in blocco lo statuto, con qualche modifica per accedere ai benefici del 2 per mille, la sua elezione a leader, i probiviri (del nuovo collegio fanno parte Danilo Toninelli e la ministra Fabiana Dadone) e il comitato di garanzia, dove accanto a Roberto Fico e Virginia Raggi, al posto del dimissionario Luigi Di Maio, è stata eletta la senatrice Laura Bottici.
L’ex capo del governo ha sempre nel cassetto il piano B, se il rilancio del Movimento dovesse incagliarsi ancora nella palude dei ricorsi: un partito tutto suo, nuovo nome e nuovo simbolo, da presentare alle politiche del 2023. Un reset preparato sottotraccia, che per ora è finito nel congelatore del quartier generale di Campo Marzio. In attesa che i tribunali si esprimano definitivamente.



