La fine della legislatura è vicina e il fu Rottamatore deve raggiungere un obiettivo per nulla scontato: farsi rieleggere. Asticella piuttosto bassa per l’ex Mr. 41%, colui che sognava di dominare l’Italia con un grande Partito della Nazione. Ma otto anni e svariati errori madornali dopo, la realtà è questa.
Con una variabile ancor più paradossale: le principali speranze di Matteo sono riposte in quell’Enrico Letta che defenestrò da Palazzo Chigi senza pietà. Renzi ormai fa più il lobbista e il conferenziere che il politico. Eppure non può rinunciare al seggio da parlamentare: un po’ perché per continuare la sua carriera parallela deve avere una certa influenza in politica; un po’ – anzi, soprattutto – perché ha bisogno dell’immunità per proteggersi dai guai giudiziari.
È dunque partito da lontano. Italia Viva è di fatto un partito morto da tempo. Matteo non si decide a scioglierlo: non perché pensa di investirci o di rilanciarlo, ma perché preferisce lasciarlo spegnersi da solo. Sarà nei fatti, quando alle prossime Politiche gli eletti saranno un esiguo drappello. I gloriosi progetti di centro con Giovanni Toti e Gaetano Quagliariello si sono quantomeno arenati. Toti, peraltro, non ha gradito che il leader di Iv abbia fatto l’accordo con Bucci per Genova, senza passare per lui.
Nei progetti iniziali c’era anche l’idea di convincere pezzi di Forza Italia a convergere in un contenitore centrista, da Mara Carfagna a Mariastella Gelmini passando per Renato Brunetta. Soprattutto gli ultimi due non sembrano convinti affatto. Lunedì Renzi ha provato a rilanciare l’“area Draghi” suscitando reazioni non proprio entusiastiche. Nei corridoi di Palazzo Chigi si sprecavano le battute su quanto Renzi “porta sfiga”, mentre Carlo Calenda è andato all’attacco frontale: “C’è anche un tema inaccettabile del lobbying internazionale: non si può essere pagati dall’Italia e dall’Arabia Saudita”.
Alla base c’è la consapevolezza che i voti per vincere un collegio Renzi non ce li ha più o meno in nessuna parte d’Italia. Letta per adesso non si espone. E non apre, ma neanche chiude. Il rapporto tra i due negli ultimi mesi si è rinsaldato, complice l’elezione del presidente della Repubblica, quando hanno giocato di sponda. Da qui ad accogliere Matteo e il suo cerchio magico, però, ce ne passa. Sei collegi, per iniziare, sono tanti.
WANDA MARRA


