“NOMEA” È IL NUOVO ALBUM DI GIORGIA D’ARTIZIO

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NOMEA è una suite musicale scritta a più mani portata avanti da un collettivo di artisti con l’obiettivo di mantenere vivo uno spazio creativo dove ognuno possa partecipare con la propria parte migliore e dove i progetti possano prendere forma attraverso lo scambio e la partecipazione.

Con MAX RAVANELLO e FREDDY FRENZY cominciammo a scrivere musica e parole seguendo la tematica della follia come musa ispiratrice e fu dato il compito a Freddy di occuparsi, con il suo disegnare psichedelico e magico, della copertina dell’album e del libretto che abbiamo subito pensato di includere nel nostro progetto.

L’atmosfera della canzone prima degli arrangiamenti era molto cupa, con Max spesso ci divertiamo a contrapporre i nostri punti di vista opposti per creare dei contrasti. In questo caso Ravanello ha scritto una musica decisa e luminosa che ne cambiò completamente l’atmosfera.

Arrivò come secondo brano L’UMILE PERSO, una storia che avevo in saccoccia da tempo. La trasposi in parole e ne venne fuori una melodia popolare con coro ingombrante; parla della pendolare stanca che la mattina dal suo paesello se ne va in stazione a prendere il treno che la condurrà nell’alienazione del lavoro.

In stazione incontrerà l’umile perso, un senzatetto. L’incrocio dei loro sguardi lascerà trapelare un possibile riconoscimento dell’amore. Anche questa traccia vuole guardare con dolcezza gli ultimi, gli emarginati e i disagiati.

INSOLITA ALLEGRIA fu la terza ad arrivare ma da qui in poi i lavori in corso presero una svolta decisiva: entrarono in squadra LAURA GIAVON, CATERINA DE BIAGGIO e DAISY DE BENEDETTI nella parte corale e la pazzesca e valorosa Laura prese in mano la scrittura dei cori.

INSOLITA ALLEGRIA parla del distacco dal proprio nome, mette in dubbio la definizione di identità unica e definita, una sbarazzina sbadataggine è ironicamente narrata come salvifica dal peso di doversi per forza definire in qualche modo.

CHI NON C’E’ sarebbe dovuta seguire a L’UMILE PERSO come prosieguo dall’incrocio di sguardi che non basterà a farli veramente incontrare perché disobbedienti, persi e incapaci di individuarsi.

Definimmo da qui in poi l’entrata di nuovi musicisti e Ravanello scelse eccellenze locali per eseguire l’opera nel miglior modo possibile: chiamammo MARCO D’ORLANDO alla batteria, CLARISSA DURIZZOTTO al clarinetto e sax contralto, MIRKO CISILLINO alla tromba, al trombone e fisarmonica e la ciurma si solidificò con diverse prove dove tutti collaborammo nella scelta dei particolari e i musicisti furono liberi di poter esprimere le proprie emozioni attraverso il loro sguardo musicale.

Le STRAMBE sono improvvisazioni create per collegare le canzoni in un’atmosfera di rumori, versi, suoni disordinati e stridenti. Nacque così l’idea di conferire a ogni stramba uno stato d’animo e un tempo; ci sono risate, sospiri, urla, pianti e le voci rappresentano qui paura, allegria, rabbia, tristezza. Era necessario inserirle  per portare chi ascolta esattamente lì con noi a soffrire insieme.

La STRAMBA NUMERO 4 è l’unica ad avere una melodia suadente e mantrica. Qui frasi descrittive di vari stati d’animo tenteranno di confonderci e di portarci là dove si smargina, dove i contorni perdono nitidezza e tutto si mischia deviandoci e disturbandoci.

NOMEA è la traccia che dà il titolo all’album, racconta del chiacchiericcio alimentato dalle perversioni della nostra mente sugli altri e su di noi. Ad alleviare un poco le nostre sofferenze ci penserà Maria, un’alleata capace di fare fluire meglio la vita. Parla di anaffettività manifestata con eccessi o privazioni.

È l’unico brano reggae dell’album dove colei che non sente niente morirà incompresa per lasciare spazio nel finale dell’opera a una riflessione che sarà fatta lontana dalla TERRA MADRE. TERRA MADRE è una canzone nata quasi per ultima, quando si stava già da tempo lavorando con il coro. La polifonia insegnata da LAURA GIAVON cominciava a trovare un posticino.

Nella prima TERRA MADRE avrebbe dovuto predominare il coro in risposta alle domande esistenziali di questo essere che nasce e vive sul pianeta Terra.

Nella TERRA MADRE OUTRO sarebbero stati i fiati e ritmica a predominare per finire tutti insieme a mille in un delirio folclorico corale; qui le parole sono narrate da qualcuno che sulla Terra non c’è più e sono crudissime e disincantate su quello che è stata la vita, tanto da chiedere come ultima frase “Non farcelo ricordare se dovremo ancora morire…”.

Visto il momento storico non poteva mancare una riflessione sulle guerre e sulle migrazioni:

“Quanti corpi di persone e sulla Terra spostamenti molti corpi minacciati dalla guerra e la fame, sfrutta s’infiltra è mordace il capitalismo qui ci toglie la pace, donne e bambini violentati uomini ignobili e governi deviati, i nostri corpi di passaggio terrestri della carne e delle ossa non rimarranno resti…

FREDDY FRENZY ha disegnato una bellissima copertina a tema scegliendo di usare colori come viola e giallo per il loro significato simbolico ricollegabile a sentimenti e situazioni affini alla storia. Il viola si può associare alla morte, all’individualismo ma anche alla spiritualità e all’accettazione di sé.

L’album esce in versione digitale su tutte le piattaforme di distribuzione e in formato CD per l’etichetta LILITH LABEL e sarà presentato il 13 settembre al Chiostro di S.Andrea a Genova con l’organizzazione di LILITH ASSOCIAZIONE CULTURALE/LILITH LABEL”

GIORGIA D’ARTIZIO è una cantastorie nata a Genova e cresciuta a Busalla, paese dell’entroterra ligure. Esordisce nel 2017 con l’EP autoprodotto SINTOMI, sei canzoni di protesta dalle sonorità rock, testi acidi interpretati con dolcezza dalla delicata voce di Giorgia.