Il codice della strada scritto come un manuale per motociclisti distratti, e il ponte sullo Stretto bocciato dalla Corte dei Conti
Ora arriva anche la Consulta, che ferma l’ennesima impresa salviniana: i vincoli contro gli NCC. Era partito, come al solito, con la ruspa verbale: “regole per mettere ordine nel caos dei noleggi con conducente”, aveva detto.
Poi, come al solito, l’ordine è saltato.
Perché la Corte costituzionale ha spiegato a Salvini ciò che un buon giurista capisce al primo anno: non puoi soffocare la concorrenza per compiacere una categoria.
Le restrizioni imposte, attese obbligatorie tra una corsa e l’altra, divieto di prenotazioni a breve, limiti assurdi sui contratti e sulle rimesse, erano sproporzionate e, soprattutto, illegittime.
Insomma, la libertà d’impresa non si ferma al confine di una corsia taxi.
Lo Stato, ha detto la Consulta, non può fare da guardaspalle corporativo a chi ha già abbastanza corsie preferenziali.
Il risultato? Un’altra sberla.
Dopo la Corte dei conti sul ponte, i giudici costituzionali sul trasporto.
Una catena di figuracce che ormai fa curriculum.
In due anni, il ministro dei Trasporti è riuscito a bloccare tutto ciò che doveva muoversi: i treni, le navi, i decreti e perfino le idee.
La sua idea di “liberalizzazione” è sempre la stessa: togliere libertà a qualcuno per garantirla a qualcun altro.
E così, mentre l’Italia reale fa i conti con ritardi, cantieri fermi e biglietti più cari, al ministero si gioca a Monopoli con la Costituzione.
Ogni volta che mette una casella nuova, arriva una Corte a ricordargli che le regole non le scrive lui.
Sarà pure ministro delle Infrastrutture, ma ormai è chiaro: l’unica cosa che costruisce con successo sono i propri autogol.


