Da aggiungere al libro, ormai infinito, della (dis)informazione italiana. Una simil-giornalista travolta da polluzioni debenedettiane, in un evidente orgasmo anti-Conte. Un crescendo rossiniano fra risolini, ammiccamenti, forzature ed interruzioni
.
Accompagnata dal megafono pseudo progressista di Elkann, sir Barbetta Giannini, travolto anch’esso, però nel suo caso dalla marea del nulla cosmico, annaspando disperatamente in argomentazioni farlocche ed infine annegato in quel nulla senza aver potuto raggiungere l’agognata sponda: quella della difficoltà dell’intervistato.
La domanda che sorge spontanea ogni volta che va in onda un sordido spettacolo come quello di ieri, è la seguente: perché cacchio invitano Conte se poi gli impediscono di rispondere? L’intervista di ieri e le precedenti, tutte accomunate da un minimo comune denominatore, più un’auto intervista della Gruber che un’intervista all’ospite.
Con l’assurdo che le interruzioni e gli accavallamenti, riguardassero solo l’intervistato e non gli altri. Con l’evidente partecipazione delle opinioni degli intervistatori, in un gioco grottesco nel quale l’opinione da comunicare, non era quella dell’invitato ma quella dei padroni di casa.
Inutile evidenziare passaggi della squallida auto intervista gruberiana, a parte uno: quello in cui Conte ha parlato di giornaloni e della sollevazione ottenuta in risposta. Mi ha fatto venire in mente una famosa canzone degli anni ’60, con il refrain “la verità ti fa male lo so”. In verità, fossi stato io al posto di Conte, avrei usato il termine “giornalini”.
Il velo pietoso non è più sufficiente.



