Il Banchiere e opinionista Beppe Ghisolfi nel proprio video editoriale: “L’attuale Premier è la sola alternativa a una politica intenta a pensare soprattutto alle vendette, alle rese dei conti e a voler distinguersi e apparire a ogni costo”
Non fiducia o non sfiducia? Un dato di fatto è sicuro: la crisi del governo Draghi – non numerica o aritmetica ma politica considerato che era sorto come esecutivo di solidarietà e unità nazionale – ha riaperto a tutti gli effetti il dizionario della prima anzi della primissima Repubblica.
Sono infatti tornate in auge espressioni a dire poco arcaiche come “non fiducia” o “non sfiducia”, le stesse che negli anni Settanta l’allora Premier Andreotti utilizzava rivolgendosi a Berlinguer quando DC e PCI vantavano percentuali di consenso pressoché paritetiche e, guarda caso neanche a farlo apposta – poiché nel rapporto tra politica ed economia esistono non coincidenze ma soltanto nessi di causalità – quando i due principali “nemici” da sconfiggere erano il terrorismo e l’inflazione energetica a due cifre. Adesso il terrorismo assume il volto della guerra russa in Ucraina, mentre l’aumento verticale vertiginoso del livello generale dei prezzi ha la stessa radice nella speculazione internazionale sulle materie prime dell’agricoltura e degli idrocarburi.
Sul piano dell’arco costituzionale, invece, il panorama si presenta molto più sconfortante di quello di allora, per la qualità del personale politico sia di maggioranza che di opposizione, fatta relativa eccezione per Draghi, allievo del compianto Banchiere centrale Carlo Azeglio Ciampi e del compianto ministro del tesoro dell’ultimo governo Andreotti, Guido Carli.
Mentre quello che rimane del movimento grillino, la sua auto proclamata vocazione di lotta e di governo non ricalca minimamente i fasti del leggendario Enrico segretario del PCI e padre della “questione morale” che entrava per la prima volta nel dibattito partitico e parlamentare dell’epoca.
Gli occhi degli osservatori internazionali e delle imprese sono puntati a quello che accadrà alla Camera il giorno 20 luglio, dopo la decisione del capo dello Stato Mattarella di respingere le dimissioni di Draghi e di rinviare al Parlamento il “Governo del migliori”.
Prevarrà la logica del pallottoliere – per chi Draghi grazie alla scissione promossa dal Ministro Di Maio ha ampi numeri per reggere sino a fine mandato – o la logica del fallimento politico di questa terza esperienza governativa della legislatura parlamentare in corso, con la presa d’atto della non capacità di quest’ultima di esprimere un governo stabile da chiunque esso sia guidato?
La risposta è attesa tra pochi giorni.
Per intanto, come era prevedibile per chi si occupa quotidianamente di educazione finanziaria, i mercati valutari e dei titoli di Stato avevano già da tempo formalizzato nei propri listini la crisi politica infine deflagrata, portando lo spread sopra i 220 punti base e accentuando la debolezza dell’euro nei confronti del dollaro statunitense. Le quotazioni borsistiche delle banche, indicate al ribasso, potrebbero aprire la via alla tendenza degli istituti di credito a cercare di collocare in maniera massiva i titoli del debito pubblico italiano al fine di monetizzarli e di evitare di dover procedere a svalutazioni di bilancio.
Nel frattempo, il Banchiere internazionale e nostro autorevole opinionista Beppe Ghisolfi, massimo esperto di educazione finanziaria, mette in guardia dal rischio di una crisi di governo proprio ora che sono in dirittura di arrivo i decreti sugli aiuti a famiglie e imprese contro i rincari, nonché la tranche estiva dei fondi europei del Pnrr.
“Draghi – ha evidenziato Ghisolfi nel proprio video editoriale più recente – è la sola alternativa a una politica intenta a pensare soprattutto alle vendette, alle rese dei conti e a voler distinguersi e apparire a ogni costo”.
Dir. politico Alessandro ZORGNIOTTI





