Non ho mai accettato che la storia d’Italia si potesse ridurre a un romanzo di spie

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Con incontri in autogrill, registrazioni abusive, corvi, ricatti e raccomandazioni

Persino quando spuntarono gli elenchi della P2, vidi in quell’affollarsi di magistrati, generali, politici e giornalisti un’ammissione di debolezza, il terrore che la crisi di un regime putrescente li stesse lasciando senza protezione, nudi nella loro pochezza. Eppure, ieri sera non ho perso una parola di Report.
Dunque? Matteo Renzi ha ammesso di essersi incontrato all’autogrill di Fiano con un agente segreto. Sapeva di essere stato filmato prima che il giornalista di Report glielo dicesse. Beninteso, nessun reato.

Ma uno che per mesi ha accusato Conte di volere a tutti i costi tenersi la delega sui servizi segreti, un ex presidente del Consiglio che si è detto vittima di congiure per le inchieste Consip e Open, che, da Senatore, percepisce denaro dall’Arabia Saudita, si può considerare al di sopra del sospetto se viene beccato a colloquio con Mancini? È costui a un agente segreto, arrestato per il rapimento a Milano dell’imam Abu Omar, con le mani in pasta nello spionaggio medio orientale, da tempo alla ricerca di protettori per fare carriera. Matteo Renzi accusa Report di aver speso 40mila euro per “incastrarlo”. Sigfrido Ranucci si vanta di non aver mai pagato una “fonte”.

Ieri Report ha preso di mira anche la tesi del “complotto” sulla condanna Berlusconi, la vulgata secondo cui la Corte di Cassazione, presieduta da Antonio Esposito, fosse un “plotone d’esecuzione”. Qui la storia gira intorno a un “morto che parla”. Il morto è Amedeo Franco, che fu relatore in quel processo, ma poi bussò tre volte a casa Berlusconi, una delle quali insieme al magistrato e sottosegretario Ferri, amico di Lotti e di Palamara. Intercettato dal padrone di casa, il morto parlò del processo come di una “macchinazione”, che per altro egli avrebbe potuto sventare, non firmando la sentenza. Così come il condannato avrebbe potuto svelare la conversazione a sua discolpa, quando il giudice Franco, ancora in vita, avrebbe dovuto confermarla.

I colleghi di Franco, intervistati da Report, sospettano inoltre che il giudice “pentito” volesse registrarli, a sua volta, violando il segreto della camera di consiglio. Come che sia, scattò subito la “macchina del fango” -Report lo documenta- con un senatore di Forza Italia che offrì, a conferma delle accuse, testimonianze non riscontrabili di 3 suoi fidati dipendenti. Da allora Giornale, Libero, Verità, Riformista, talk show Mediaset ripetono che Silvio fu crocifisso. “La calunnia è un venticello, va scorrendo va ronzando, e produce un’esplosione. Come un colpo di cannone!”

E chi se ne frega? Berlusconi, a fine corsa. Renzi, lobbista saudita. Purtroppo, non è così. Perché analoghe miserie agitano il caso Amara. Siciliano, avvocato esterno dell’Eni -ricordate la tesi di Renzi secondo cui l’Eni fosse la vera “intelligence” italiana?-, ha patteggiato alcuni anni di carcere per corruzione in atti giudiziari. In mutande, s’è poi messo a collaborare coi magistrati. Accusando Conte di aver preso soldi da alcuni lobbisti e svelando l’esistenza della loggia Ungheria, di cui farebbero parte magistrati siciliani come Tinebra, ma anche milanesi.

Paolo Storari, PM a Milano, gli ha creduto. E poiché il suo capo, Greco, non gli dava corda, ha passato i verbali all’amico Piercamillo Davigo, che allora faceva parte del CSM. Qui l’affare si complica perché l’ex giudice di Mani Pulite sostiene di avere informato il vicepresidente del CSM e il procuratore presso la Cassazione. Ma costoro affermano che Davigo non gli avrebbe mai mostrato i verbali, di cui peraltro possedeva solo la “minuta”, copia non protocollata.

Per oltre un anno, silenzio. Poi i verbali furono inviati, in forma anonima, ai giornali da una ex segretaria di Davigo, di nome Contrafatto. O è nei guai anche Davigo, per aver ricoverato documenti segreti e incompleti, avallando così quel “venticello” calunnioso. Oppure non esistono regole per separare lecito e illecito negli atti del CSM. E allora siamo tutti nei guai. Perchè lo è la giustizia e la repubblica italiana.

Corradino Mineo