Lo scoppio della prima guerra punica

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Mentre i Romani fronteggiavano Pirro (280-275 a.C.), in Sicilia un gruppo di mercenari campani, i Mamertini (così chiamati perché onoravano Marte, dio della guerra), inizialmente al soldo del tiranno di Siracusa Agatocle (316-289 a.C.), avevano occupato la città di Messina, quando quest’ultimo era morto, nel 288 a.C.
I Mamertini, dopo la vittoria di Roma su Pirro, continuavano a saccheggiare i territori circostanti Messina, ma vennero affrontati e sconfitti a Milazzo dal tiranno di Siracusa Gerone II, nel 270 a.C. Fu allora che i mercenari chiesero inizialmente aiuto a Cartagine contro Siracusa e poco dopo anche a Roma, forse temendo l’eccessivo controllo cartaginese, forse non ben consci del fatto che i trattati romano-cartaginesi imponevano ai Romani di non mettere piede in Sicilia.
A Roma il senato non riuscì a giungere a una decisione quando arrivò la richiesta di aiuto: da un lato alcuni non ritenevano corretto aiutare dei mercenari che si erano impossessati della città (nel 270 a.C. i Romani avevano ripreso la città di Reggio, anch’essa conquistata da mercenari, dei quali i 4.000 superstiti della presa “abusiva” della città nel 280 furono tutti fustigati e decapitati come monito), dall’altra si temeva che una volta presa Messina Cartagine avrebbe conquistato Siracusa e controllato totalmente la Sicilia, ponendo i Romani in grave difficoltà e intaccandone gli interessi.
Si decise pertanto di rimettere la decisione ai comizi, i quali decisero di votare a favore dell’aiuto dei Mamertini: nel 264 a.C. il console Appio Claudio Caudice fu inviato in Sicilia ed entrò a Messina, violando l’ultimo trattato romano-cartaginese che imponeva ai Romani di restare in Italia.