OGGI FIAT SPEGNE 125 CANDELINE… MA RIACCENDERÀ GLI STABILIMENTI DI FABBRICA ITALIA?

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Questa mattina a Torino, sulla pista del glorioso di stabilimento oggi centro commerciale e congressuale del Lingotto, il riconfermato governatore del Piemonte Alberto Cirio e il ministro dell’industria Adolfo Urso hanno celebrato il secolo e un quarto di esistenza del costruttore automobilistico nato sotto la Mole ma che sui festeggiamenti ha visto prevalere la malinconia

 

I numeri parlano purtroppo chiaro: il piano di incentivi da un miliardo di euro, volto a favorire nel segno della transizione ecologica – sia elettrica che ibrida – il rinnovamento del vetusto parco veicolare del nostro Paese, sta sì portando a una netta ripresa delle immatricolazioni, ma in un contesto che, pure nel caso dei marchi Stellantis, vede la prevalenza non soltanto relativa dei modelli di fabbricazione e provenienza estera.

Tanto che lo stesso Urso, senza eccessive perifrasi, nel corso dei messaggi di augurio e saluto non di mero rito, ha ventilato il rischio che si finisca con il celebrare non uno stabilimento o un insieme coordinato di stabilimenti in ebollizione produttiva, bensì un museo delle glorie a quattro ruote che furono.

Nel frattempo, in effetti, si arriva, per il secondo anno consecutivo, a un nulla di fatto in merito all’intesa tra palazzo Chigi e vertici di Stellantis holding che avrebbe per oggetto l’agognato obiettivo di riportare a un milione di unità la soglia minima sindacale di veicoli, familiari e commerciali, da fare uscire ogni anno dalle fabbriche con sede nel Belpaese.

Un traguardo che, se nello scenario attuale rimane irrealistico, anche nel caso in cui venisse raggiunto – circostanza da più parti giudicata possibile con l’innesto di un secondo costruttore – non basterebbe a riassorbire tutti i posti di lavoro a rischio, o nel frattempo andati perduti, né a conseguire accettabili soglie di produttività.

Il ministro Urso ha ribadito che, qualora a consuntivo si scoprisse che gli incentivi nel frattempo erogati dal dicastero del made in Italy non sono stati utili a sostenere una rinnovata stagione manifatturiera tricolore del prodotto di massa principe del primo e secondo miracolo economico della seconda parte del secolo scorso, gli ulteriori cinque miliardi, nel complesso disponibili su base pluriennale, saranno reindirizzati ad appoggiare non l’atto dell’acquisto finale ma l’atto della produzione e assemblaggio nel territorio nazionale con pezzi e componenti in prevalenza di fabbricazione italica.

Attenzione, però: le auto a trazione elettrica e ibrida saranno sì incentivate, nei limiti delle finanze pubbliche, nel loro acquisto; ma i problemi sorgeranno in seguito nella sostenibilità dei costi della loro gestione manutentiva e fiscale.

Infatti, è in fase di discussione l’ipotesi di spostare gradualmente il carico delle accise dai carburanti fossili tradizionali e biocombustibili, alle ricariche delle vetture non endotermiche imposte da una delle tante condizioni scriminanti per l’accesso ai finanziamenti del PNRR. L’alternativa sarebbe per il bilancio statale di rinunciare a un gettito sicuro di circa 4 miliardi su base annuale.

Intanto a rimanere a piedi rischia di essere la fabbrica Italia.

Dir politico Alessandro Zorgniotti