Orchestra mandolinistica “Città di Torino”, Sabato 29 si è esibita a Groscavallo con grande successo di pubblico

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GROSCAVALLO – VALLI DI LANZO – TORINO – Si è conclusa con una folta partecipazione di pubblico, ed un meritato successo per l’orchestra mandolinistica “Città di Torino”, la quarta ed ultima serata tra i boschi e sui prati di Groscavallo

La rassegna, organizzata dall’Associazione Contatto di Chivasso e denominata “Dai boschi e dai prati di Groscavallo”, è stata sostenuta dall’Amministrazione Comunale avvalendosi del patrocinio dell’Unione Alpi Graie, Regione Piemonte e Città Metropolitana di Torino. Sabato 29 luglio il ben organizzato concerto – anche grazie ai volontari locali – a causa della pioggia si è tenuto alle 18.30 nella Parrocchiale con numerosi, meritati applausi per i 16 orchestrali diretti dal maestro Pier Carlo Aimone, che ha scelto un programma leggero e frizzante, personalizzandolo, graditissimo al pubblico e realizzato in 90 minuti con 10 (più due bis) brani molto noti.

Prima di entrare nello specifico diremo che le esibizioni sono state un intreccio ben riuscito di armoniche e complete sonorità per molti poco conosciute (non sono molte le orchestre a plettro con mandolini e mandole), di pezzi conosciuti ma arrangiati con l’aggiunta di strumenti (xilofono, tamburelli, chitarre, flauto traverso, nacchere, contrabbasso…) che di volta in volta hanno arricchito la melodia originaria. Sono state create così atmosfere specifiche e miste di Paesi, ambienti e natura diversi, suscitando negli attenti spettatori le più positive, varie e gradevoli emozioni e sensazioni.

Per molti di noi il suono del mandolino riporta – per ricordi ed assonanze memorizzate negli anni – quasi sempre a Napoli, col suo ambiente sempre vivo e ricco di sonorità uniche ed indimenticabili; pure questa orchestra ha saputo fondere questo ricordo con ambientazioni diverse con novità e originalità, spesso arricchendole con attualità o classicismi – pur nella loro leggerezza – e con non facili problemi, presumiamo, di adattamento di opere scritte per orchestra o altri strumenti (ad esempio l’oboe di Mission), con risultai positivi che  resteranno impressi.

I suoni di Napoli trasferiti ora nella Vienna di fine ‘700 (Mozart – Eine kleine Nachtmusik K 525), ora unendo in felice matrimonio la Campania, la Toscana e la Sicila (Mascagni – Intermezzo dalla Cavalleria Rusticana). I magici mandolini hanno poi accostato – con estremo tatto – le atmosfere autunnali del lontano, moderno, Giappone con un tipico ambiente leopardiano (“Passata è la tempesta”), con sonorità che precedono e descrivono le forze della natura – compresi i tuoni – e poi riportano la pace dopo un temporale (Yasuo Kuwahara – The song of Japanese Autumn).

E’ poi giunto il momento del compositore napoletano che ha unito e immortalato il suono del mandolino con quello delle nacchere: ci si potrebbe aspettare – viste le due nature ed i due ambienti – un’ebollizione sonora forte e fragorosa ed invece hanno prevalso le tenuità, la dolcezza ed un ritmo calmo e ponderato (Raffaele Calace – Danza Spagnola).

Nel secondo ritorno a Mozart è prevalsa la gioiosa allegria strumentale, in contrasto con il povero impresario Frank alle prese con le difficili peripezie tese a spianare le difficoltà per metter su uno spettacolo con donne bizzose e capricciose che vogliono primeggiare (Mozart – Der Schauspieldirektor K 486).

Non potevano mancare lo “scherzo”, la “fatuità” la spensieratezza, con l’originale pezzo scritto anche… con i suoni emessi da una macchina da scrivere, accompagnati ovviamente dalle percussioni e dai mandolini (Leroy Anderson – The Typewriter). Chi non ricorda Mission, il bel film con i sui tragici fatti, i gesuiti sud-americani e la sua originale e bella colonna sonora? Ebbene, riascoltare Gabriel’s Oboe con i mandolini ed il flauto traverso in sostituzione dell’oboe per cui è stata scritta dal grande Morricone è una esperienza nuova da provare per capirla appieno.

Non sono stati dimenticati neppure i bimbi, di ieri e di oggi… – …come noi che ricordiamo quel film con affetto – allietati dalle melodie che hanno saputo far apparire magicamente gli spazzacamini, poi la bambinaia con l’ombrello, quindi quella parolona allora così lunga, incomprensibile e difficile che nessun scorderà però mai: “Supercalifragilistichespiralidoso” (Richard M. e Robert B. Sherman – Mary Poppins’ Medley).

L’unico pezzo un po’ difficile, ed a noi sconosciuto, è stato un “Allegretto” tratto da un concerto scritto nel 1944 da un inglese per un’orchestra ad archi con sonorità metà classiche e per metà “moderne”, comunque gradevoli (Karl Jenkins – Allegretto (da Palladio).

I due bis, godibilissimi, che hanno tirato in lungo gli applausi, sono stati Bella Napoli e l’allegro finale di Romualdo Marenco, Galop dal Gran Ballo Excelsior.

Una serata indimenticabile.

L’Orchestra mandolinistica “Città di Torino” è nata nel 1973, è composta da una ventina di strumentisti, è diretta dal maestro Pier Carlo Aimone ed ha già eseguito oltre 400 concerti con un vasto repertorio proposto in Italia ed all’estero.

Il suo programma comprende trascrizioni di brani classici, parti di opere e operette, composizioni scritte appositamente per orchestre a plettro, e raccolte di arie popolari e tradizionali.

Il mandolino a corde è uno strumento che si suona con il plettro, della famiglia del liuto, di uso tipico popolare. E’ nato in Italia, a Napoli, nel XVIII secolo come derivato della mandola (è più piccolo e col manico più corto) e si  diffuse soprattutto nelle regioni meridionali anche nei decenni del primo Novecento. Ne esistono di vari tipi tra cui i più diffusi sono quello napoletano, con 8 corde, e quello milanese con 12 corde.

Però… il primo brevetto – è successo altre volte per altre invenzioni italiane – è stato ottenuto dal liutaio Orville Gibson, del Michigan-USA, che registrò un mandolino nel 1898.

Nella foto – una cortesia del sig Renato Ruggiero, che ringraziamo – quasi tutti gli orchestrali

franco cortese

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