Anziani piegati dalla stanchezza, giovani che cercano di resistere, famiglie intere che aspettano un letto che forse c’è, ma non si vede
Posti invisibili, come se si fossero dissolti tra carte, promesse e strutture troppo fragili per reggere il peso di un Paese intero. E in queste attese interminabili non c’è solo dolore: c’è la sensazione di essere lasciati ai margini, di non valere abbastanza, di essere numeri su uno schermo invece che persone.
Le notti nei corridoi degli ospedali italiani parlano più di qualsiasi discorso: parlano di una sanità che chiede aiuto tanto quanto i pazienti che dovrebbe proteggere.
Non è rabbia, è amarezza. E la speranza che un giorno nessuno debba più contare le ore per ricevere cure che dovrebbero arrivare subito perché la dignità non dovrebbe mai aspettare.


