“Non basta vedere, è necessario sentire, è necessario toccare – suggerisce Francesco – Il tatto è il senso più completo, più pieno, quello che ci mette la realtà nel cuore. Toccare è farsi carico dell’altro: è questa la misura dell’ascolto”. Dunque l’ascolto è indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione.
Nei suoi scritti recupera aspetti che rimandano alla genesi del processo comunicativo, che è il rapporto umano. In più occasioni ha sottolineato che, nonostante la grandezza e l’importanza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il loro fine ultimo deve essere quello di promuovere le relazioni, la vicinanza tra le persone, essere prima di tutto un mezzo e non un fine. Il tema di quest’anno, in un tempo stringente ed incerto segnato dal post pandemia e dalla guerra, mette a riflettere le nostre relazione quotidiane con l’altro, dove il desiderio di essere ascoltati, aiutati e confortati è più che mai necessario alla sopravvivenza.
Ricevere le attenzioni di qualcuno, una parola o un gesto, significa sentirsi riconosciuti. Un desiderio che spesso rimane nascosto per colpa di quell’essere intrappolati in noi stessi, ma che interpella chiunque, educatori, formatori, coloro che sono chiamati a svolgere il ruolo di comunicatore, quali genitori, insegnanti, sacerdoti, operatori, e lavoratori dell’informazione e quanti prestano un servizio sociale o politico.
Come figli del nostro tempo, pieno di suoni e rumori, dove tutti noi, incapaci di ascoltare, ci parliamo addosso, la comunicazione si riduce spesso a strumentalizzare ciò che riguarda gli altri a vantaggio di un nostro interesse o tornaconto.



