Mentre la giunta Bucci continua a vendere fumo con piani sanità e proclami sulla “centralità del paziente”, la realtà quotidiana dei cittadini spezzini ci racconta una verità diversa, drammatica, intollerabile: il reparto di Ortopedia dell’ASL5 è al collasso
Oggi ci troviamo davanti a una situazione sanitaria che grida vendetta: posti letto tagliati da 24 a 8, un organico ridotto a meno della metà, interventi chirurgici programmati crollati, tempi di attesa che sfiorano i due anni per operazioni fondamentali come protesi d’anca e ginocchio. Inaccettabile.
Questo è il frutto avvelenato di anni di tagli, privatizzazioni striscianti e disinteresse verso la sanità pubblica, portati avanti dalla Regione Liguria e avallati da un modello che mette il profitto davanti al diritto alla cura. E a pagare il prezzo sono sempre i soliti: lavoratori, pensionati, disoccupati, giovani in attesa.
Le fughe di pazienti verso altre province e regioni (con costi aggiuntivi milionari per l’ASL5) sono la fotografia di un sistema che ha smesso di garantire servizi essenziali. È questa l’efficienza di cui parla la destra?
Le condizioni strutturali del reparto: ambulatori trasformati in saune d’estate, assenza di comfort e dignità per chi soffre, completano il quadro di un disastro annunciato. Non bastano le interrogazioni regionali o le promesse a vuoto, servono scelte politiche radicali e immediate.
Il Partito Comunista Italiano della Spezia chiede:
• Il ripristino integrale dei posti letto nel reparto di Ortopedia dell’ospedale Sant’Andrea e il ripotenziamento del presidio di Sarzana, con un’unità ortopedica autonoma.
• L’assunzione urgente di personale medico e infermieristico, a tempo indeterminato, con condizioni di lavoro dignitose che incentivino la permanenza.
• Investimenti pubblici strutturali, per ambienti sanitari moderni, accoglienti, umani.
• Una revisione della governance dell’ASL5, oggi incapace di garantire il minimo sindacale in termini di servizi e trasparenza.
La sanità pubblica non è un’azienda, né un parcheggio di nomine politiche. È un diritto costituzionale e un pilastro dello Stato sociale, che va difeso con i fatti, non con le parole.
Siamo al fianco dei cittadini, dei comitati, dei lavoratori della sanità, dei medici in trincea. Basta tagli, basta ritardi, basta silenzi. È ora che chi ha causato questa situazione ne risponda politicamente e amministrativamente.
La sanità pubblica non si svende. Si difende.
E noi, come PCI, continueremo a farlo, piazza dopo piazza, reparto dopo reparto.



