È arrivato il tempo del vittimismo. A quanto pare le operazioni umanitarie degli italiani che navigano verso Gaza per portare aiuti e beni di prima necessità ai civili palestinesi vittime di genocidio non sono un gesto, per citare un gigante dei nostri tempi, di “supplenza morale”, bensì un atto finalizzato a contrastare l’operato del governo.
Tutti ce l’hanno con Giorgia. Giorgia Meloni che, per metodo, rilascia dichiarazioni con il contagocce preferendo il mutismo selettivo, sin dall’assassinio di Kirk, appena messo piede sul suolo americano ha iniziato a rilasciare dichiarazioni una dietro l’altra. Gli Stati Uniti d’America devono avere qualcosa di molto speciale per riuscire lì dove la sala stampa di Palazzo Chigi fallisce.
Così, eccoci, come dicevo, siamo alla fase del vittimismo. Tecnica rodata dalla notte dei tempi e tirata fuori all’occorrenza, quando si ha la necessità di tendere ancora un po’ la corda della polarizzazione. È il coniglio che il mago politico tira fuori dal cappello quando sente che qualcosa non va, che il consenso esita, che c’è qualcuno che storce il naso, anche se fa parte del proprio elettorato. Si attiva in tre passi: è innanzitutto necessario identificare un nemico.
In questo caso specifico “la sinistra”. Questa è composta dagli intellettuali della Ztl che festeggiano per la morte di Kirk, che con soddisfazione rompono le vetrine a Milano durante la manifestazione o che partono irresponsabilmente sulla Flotilla per cacciare nei guai la premier e il povero Tajani. Seconda mossa: si cuce ad arte la narrazione che tratteggia il profilo della vittima: il governo è l’agnello sacrificale sull’altare della reputazione internazionale. I cattivi, ovviamente, sono quelli che inneggiano alla pace, all’uguaglianza e a tutte queste cose così tremendamente fuori moda. Infine, si implora l’empatia: ci si appella ai propri sostenitori, i quali riempiranno il web di improperi violenti e aggressivi scavando a fondo fino all’estremizzazione del lessico e delle intenzioni.
Dal punto di vista della strategia di comunicazione è un’azione semplice perché deve pungolare l’area cerebrale più fragile e che maggiormente si lascia sedurre dalle semplificazioni: il cosiddetto cervello primitivo. Ad esso si unisce il sistema limbico in cui le emozioni più ancestrali trovano casa. Uniamo la semplificazione ai processi empatici di chi ascolta senza adeguati strumenti di decodifica e les jeux sont faits. Il pensiero critico si riduce, si tende a entrare in contatto con il soggetto che piagnucola, si crea, quindi, un legame emotivo che non fa altro che nutrire fino all’obesità il necessario “noi contro loro”. Questo scontro è estremamente funzionale quando si ha la grande necessità di non rispondere a questioni che alzano l’asticella della complessità o che evidenziano l’immobilismo morale, soprattutto, guardando al particolare, quando si sceglie di vendere armi a un governo che, scientificamente, mette in conto di eliminare milioni di persone per impostare un business immobiliare a nove zeri.
Aumentare la tensione sociale è una strategia che frequenta lo stesso opportunismo politico che abusa in maniera sistematica della nostra fragilità cognitiva, oltre che culturale. Perché, che si sappia, noi esseri umani abbiamo la pretesa di considerarci sapiens sebbene, in verità, possediamo un cervello che è assai incline all’errore. Per dirla con le definitive parole di Friedrich Nietzsche: “Avete percorso il cammino dal verme all’uomo, ma molto c’è ancora in voi del verme”. Ovviamente si tratta di una manovra cognitiva capace di far distogliere lo sguardo dagli argomenti scomodi, dai risultati amputati di sostanza, dalle promesse non mantenute.
A Meloni, che segue le orme di Trump, va riconosciuta una straordinaria abilità strategica e comunicativa: eccelle nella declinazione multiforme dei toni di voce, nella mimica, nella persuasività ad alto contenuto di strumentalizzazione. È una performer di alto profilo che ha studiato a lungo e con sapienza come usare la comunicazione senza mai concedere il contraddittorio. Però è necessario ricordarle che se è vero che la razionalità umana ha delle carenze, l’umanità vince sempre. Il cuore, ovvero l’amigdala, riesce a prevaricare qualsiasi sofisticato artificio. Di fronte ai gesti disumani non c’è nessuna possibile accondiscendenza. Ed è anche necessario tenere a mente che il cervello impara sempre: la memoria, l’attenzione e la percezione sono qualcosa di eccezionalmente imprevedibile. Se è vero che “tutto è di più della somma delle singole parti” Meloni deve iniziare a prendere in considerazione l’ipotesi che non si può normalizzare l’orrore per sempre.
Simona Ruffino


