Per un’altra Università libera da tagli e privatizzazione

0
12

Questo autunno un’ampia mobilitazione universitaria si è diffusa sul territorio nazionale contro i tagli al Fondo di Funzionamento Ordinario e la riforma precarizzante del pre-ruolo. Un appello per costruire le mobilitazioni nei prossimi mesi

Qualcosa di inatteso è tornato a muoversi a Pisa, un movimento di larga partecipazione incentrato sull’università e sul suo ruolo pubblico. Due le micce: il taglio al FFO di mezzo miliardo di euro e la riforma del pre-ruolo (DDL 1240). La reazione della comunità universitaria è stata immediata: tra ottobre e novembre le prime assemblee di dipartimento seguite da un’assemblea di ateneo. Poi, due cortei cittadini a distanza di due settimane con numeri oltre le aspettative, intervallati da un’occupazione.

Allo sciopero generale del 29 novembre la città di Pisa era attraversata da più di cinquemila persone dai mondi dell’istruzione e dell’università, in un sodalizio tanto di principio quanto organizzativo tra componente precaria dell’università e componente studentesca. A ciò si aggiunge il dato più promettente: l’ampia partecipazione di chi normalmente rimane fuori dall’attivismo politico cittadino. Per questo, con un autunno di incontro e analisi alle spalle, è il momento di capire cosa ha funzionato e cosa ancora manca.

Un primo fattore è la portata di queste riforme: sull’Università di Pisa l’impatto del definanziamento è di 16 milioni di euro, un’enormità che si traduce in chiusura di strutture, taglio ai servizi – soprattutto esternalizzati –, aumento di tasse studentesche e compressione dell’offerta formativa, smantellamento della ricerca. I primi ad attivarsi sono stati collettivi e rappresentanze studentesche, ma per arrivare a una vera mobilitazione c’è stato bisogno soprattutto di una comunicazione capillare e di un’organizzazione che tenesse conto dei ritmi di componenti ancora distanti fra loro.

Così la mobilitazione è arrivata velocemente al di fuori delle sole realtà organizzate, diffondendosi tra le categorie toccate direttamente: lavoratorə esternalizzatə che rischiano il posto di lavoro, studentə che vedono la riduzione di servizi e diritto allo studio, ricercatorə precariə nell’incertezza di un contratto a termine e privo di tutele.

Tutte queste persone stanno diventando il baricentro di un movimento che si oppone al nuovo assetto dell’università pubblica, già pronta a scaricare sulle categorie più deboli il peso delle nuove riforme. Ma già oggi quasi la metà del personale di ricerca nell’università italiana ha forme contrattuali a tempo determinato, il lavoro negli appalti è privo di tutele, il diritto allo studio continua a restringersi.

Le mobilitazioni sono diventate occasione per un ripensamento generale dell’università. Quello che contestiamo è il sistema universitario attuale, piegato a logiche di profitto e a preoccupanti tendenze meritocratiche, pronto a vendere ai privati, da cui dipende sempre più la ricerca, la produzione del sapere e della conoscenza.

Un sistema che rende le università poco inclusive e intrinsecamente classiste, luoghi di potere e di saperi auto-riferiti, torri d’avorio sempre più chiuse. È necessario un intervento strutturale che vada a tutelare e valorizzare il lavoro di ricerca, così come i lavori di cura necessari al funzionamento degli atenei, sempre più esternalizzati ad aziende terze

. È necessario un ripensamento dell’università che rimanga nel solco delle recenti mobilitazioni: le acampade per la Palestina che hanno messo in discussione il ruolo dell’università nell’attuale scenario di guerra; le tende in piazza contro il caro-affitti e la mancanza di un vero diritto allo studio; le occupazioni di End Fossil che hanno evidenziato che la ricerca non deve generare profitto per aziende ecocide; le occupazioni contro il DDL 1660, poiché non c’è democrazia senza un grado di conflittualità critica.

Crediamo, tuttavia, che l’Università non possa ridursi a un corridoio per diverse lotte frammentate senza un punto di convergenza. Questa convergenza deve costruirsi intorno a degli obiettivi e gruppi prevalenti, che possano tenere insieme le altre lotte, arricchendosi mutualmente, per potersi sviluppare in un cambiamento radicale dell’esistente. In questo momento all’interno dell’università il prevalente è chi già ora, complici i tagli e la riforma del pre-ruolo del governo, sta perdendo il lavoro, chi il prossimo anno vedrà negato il proprio diritto allo studio.