In tutta Italia – e anche a Firenze – milioni di persone vivono con 1.000–1.100 euro al mese, spesso con contratti precari o part-time imposti. Si sciopera per aumenti salariali veri, contro il lavoro povero e per contratti dignitosi.
Con il cosiddetto “fiscal drag” lavoratori e pensionati hanno versato miliardi in più senza che le aliquote vengano aggiornate. Lo sciopero chiede una riforma fiscale che alleggerisca chi vive di stipendio e pensione, non chi vive di rendita o profitti finanziari.
Mentre la spesa sanitaria scende e i servizi pubblici arrancano, aumentano ticket, liste d’attesa e ricorso al privato. In piazza si chiede più investimenti strutturali in sanità, scuola e welfare, invece di nuovi tagli e privatizzazioni mascherate.
Con salari bassi e lavoro a singhiozzo, milioni di persone non maturano nemmeno un anno pieno di contributi: significa pensioni da miseria domani, soprattutto per donne e giovani. Lo sciopero dice basta all’idea di allungare solo l’età pensionabile senza cambiare il lavoro.
Nel Mezzogiorno la questione salariale è un’emergenza nell’emergenza: stipendi più bassi, lavoro più povero, servizi peggiori. Esistono di fatto “gabbie salariali” non dichiarate che spingono centinaia di migliaia di giovani a emigrare. Si sciopera anche per un Paese che non condanni il Sud a essere serbatoio di manodopera a basso costo.
Mentre si taglia su sanità, scuola e servizi sociali, il governo aumenta le spese militari e si allinea a un’economia di guerra che divora risorse pubbliche. Questo sciopero dice che i soldi vanno messi su salari, case, ospedali e ambiente, non su armi e riarmo continuo. Pace, diritti sociali e giustizia economica stanno dalla stessa parte.
Quando ministri e governo liquidano la mobilitazione come “weekend lungo” o “protesta irresponsabile”, non stanno solo insultando chi partecipa: stanno mettendo in discussione il diritto di sciopero. Riempire le piazze – oggi anche a Firenze – significa difendere il fatto che lavoratrici e lavoratori possano ancora fermarsi, alzare la testa e contare qualcosa nelle scelte di questo Paese.



