Il caro energia ha messo in ginocchio lo sport e potrebbe lasciare senza vasche o campi da gioco i 20 milioni di italiani che lo praticano, 12 milioni iscritti ad associazioni sportive.
Che oggi boccheggiano. In un anno, il costo delle bollette è aumentato di 4 volte. Almeno 5 mila impianti sono a rischio chiusura da qui all’inizio del 2023. Forse molti di più: un conto reale sarà possibile soltanto quando l’attività sportiva sarà ripartita a pieno regime. Dipenderà anche dalle adesioni.
Perché l’aumento dei costi pesa eccome sulle famiglie costrette a rinunciare al superfluo. E lo sport è spesso la prima voce a rischiare il taglio: per risparmiare la retta e pure la benzina per arrivare agli impianti.
La situazione è trasversale e colpisce tutto il Paese. I 12 mila nuotatori che frequentano le piscine di Firenze potrebbero trovarle transennate a breve, a Ivrea le ragazze della squadra di nuoto sincronizzato hanno ricevuto un messaggio dall’allenatrice: “Le lezioni per ora non riprendono”.
A Milano l’idea è di posticipare l’apertura mattutina degli impianti di almeno 3 ore: per risparmiare sui consumi e salvare i corsi di nuoto per i bambini. Anche strutture che hanno cresciuto campioni azzurri non sanno cosa succederà tra qualche mese.
“Senza un tetto ai prezzi e un orizzonte temporale definito rischiamo di chiudere», spiega Alberto Burlina, allenatore dell’oro olimpico di Tokyo Thomas Ceccon alla Leosport, società che gestisce la piscina di Creazzo, vicino a Vicenza, dove è cresciuto il campione.
“Durante la pandemia c’erano almeno gli ammortizzatori sociali, ora è peggio. Rischiamo di non onorare il canone mensile per la concessione comunale. Se dovessimo seguire gli aumenti, oggi dovremmo far pagare un ingresso giornaliero più di 15 euro, non è accettabile”.


