La ricca produzione editoriale del banchiere scrittore torna di grandissima attualità, anche prospettica, nella coincidenza con il ponte festivo di fine anno che incomincia oggi accompagnando famiglie e imprese, e anche pubbliche amministrazioni, verso un 2025 che non sarà meno sfidante sul piano delle incognite locali e globali
Sotto l’albero di Natale, come certificano le statistiche, è sempre più frequente ritrovare la magia di un libro da sfogliare, in alternativa o accompagnamento, a seconda delle disponibilità del nucleo familiare, al telefonino di ultimissima generazione.
Quale migliore occasione, pertanto, se non quella di fare corrispondere questa rinata tendenza con la scelta della narrativa economico – finanziaria, prendendo in considerazione i manuali del Professor Beppe Ghisolfi dalla cui prima redazione è trascorso un decennio celebrato nello scorso autunno?
Le indagini più aggiornate indicano che il corso del 2024, dopo i segnali positivi dell’anno precedente, ha ceduto il passo in termini di minore attecchimento, fra il pubblico, di tutta una serie di nozioni e concetti base in tema di finanza e del suo rapporto con l’economia domestica e aziendale (e pure quella pubblica). È del tutto probabile che gli eventi internazionali, dalla deindustrializzazione di settori strategici alla prosecuzione dei conflitti nel Mediterraneo e nell’est, abbiano giocato un ruolo nell’alimentare comportamenti individuali o familiari di tipo rinunciatario.
Eppure proprio qui sta l’errore: dal momento che la macroeconomia è la somma non solo aritmetica di tante microeconomie, queste ultime, a partire dalla dimensione domestica, possono fornire un contributo di merito all’inversione della direzione di marcia. Per esempio, cogliendo alcuni positivi segnali di sistema, dallo spread al trattamento fiscale di alcuni tipi di investimento, per orientare su basi informate e in maniera virtuosa una quota del proprio risparmio così da proteggerlo dall’inflazione e dal rincaro dei prezzi correnti.
È dato arcinoto che, se un Italiano su due ancora riesce a risparmiare – e a tramutare in stock una ricchezza che a livello complessivo ha raggiunto in Italia il picco di 5000 miliardi (fra moneta, titoli e immobili), appena uno su tre appare genericamente propenso a investire parte del proprio accantonamento monetario. Un assurdo, se si pensa che il quadro delle condizioni appare migliorato: la discesa dello spread, a causa delle difficoltà di bilancio della Germania, eviterà di destinare 17 miliardi di euro del bilancio statale al pagamento degli interessi passivi sul debito pubblico; debito pubblico che per le nuove emissioni è stato sottoscritto in buona parte sul mercato interno, cioè dalle nostre famiglie, per operazioni a lunga scadenza, mentre per la pianificazione individuale del risparmio sono stati rinforzati gli incentivi fiscali al fine di far decollare la previdenza integrativa.
Non deve essere infatti dimenticato che un livello non soddisfacente di educazione finanziaria si riflette sulla componente di sensibilizzazione assicurativa previdenziale.
Tutte circostanze che devono portare più educazione, civica e finanziaria, da manuale sotto l’albero, considerato che il 2025 sarà l’anno del debutto applicativo della legge sulla Competitività e la Concorrenza che ha introdotto tale materia fra le discipline che formano il curriculum obbligatorio di ogni alunno delle Superiori.
Dir politico Alessandro Zorgniotti



