PIÙ OCCUPATI, MA LA CORSA DEL LAVORO IN ITALIA È INTRAPPOLATA NELLA GIUNGLA CONTRATTUALE

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Probabilmente le attese connesse ai fondi del Pnrr e alla ripresa della stagione turistica senza più i veti del covid, hanno avuto il proprio ruolo nell’aumento dei tassi di occupazione e nella riduzione di quelli di disoccupazione e di inattività, i quali restano tuttavia i più elevati a livello di UE e di Eurozona

Nella previsione di concorrere con successo ai bandi del recovery plan, molte aziende hanno ripreso ad assumere ovvero a richiamare dalla cassa integrazione e dalla mobilità i propri dipendenti.

Le statistiche indicano che sono cresciuti i contratti stabili – sebbene il Jobs act dell’ex governo Renzi (passato alla Storia, tristemente o no lo diranno i posteri o lo stanno già dicendo, per avere abolito lo statuto dei lavoratori) abbia introdotto il contratto a tutele crescenti che riduce di molto le coperture e le garanzie anche per i tempi indeterminati – ma si sono incrementati ancor più i tempi determinati e i rapporti lavorativi precari.

Va inoltre detto che i parametri di calcolo per classificare se una persona sia occupata sono molto aleatori, poiché al momento della rilevazione statistica è sufficiente comunicare di stare svolgendo un lavoro, fosse pure solo per un’ora alla settimana.

In ogni caso, le indicazioni che arrivano dall’istituto ISTAT si limitano in sostanza a comunicarci due aspetti: a) le aziende ancora con margini di mercato sono tornate ad assumere nella prospettiva dei fondi del Pnrr e b) il mercato del lavoro in Italia rimane impantanato nella giungla delle tipologie contrattuali, con effetti sul livello dei trattamenti economici, spesso virtuali o al di fuori di ogni circuito bancario e finanziario tracciabile, e sulle prospettive contributive dei 200.000 occupati in più precari o a termine che formano l’eredità del governo Draghi Orlando.

Spesso si tende a paragonare l’Italia alle altre economie della zona Euro dicendo che da ultimo vagone saremmo diventati locomotiva, ma dimenticando che la circostanza più importante resta rappresentata dalla direzione e dal livello di sicurezza del binario, su cui resta molto da ridire.

Si parla di salario minimo, ma forse in Italia la vera sfida è quella del lavoro minimo, della formazione minima e del reddito di reinserimento sociale e lavorativo, alla quale le risposte della politica non vanno oltre alcuni slogan ideologici che nascondono una grande non-conoscenza di fondo di tutte le anomalie del Belpaese che rendono impossibile o molto onerosa la mobilità sociale.

Dir. politico Alessandro ZORGNIOTTI