Aggiornamento sui rapporti tra De Luca e Schlein: come procedono? Inutile perdersi in preamboli. Non procedono. E nemmeno si può scrivere che si siano interrotti. Semplicemente: non sono mai — realmente — esistiti. Questo deve essere un punto fermo per comprendere, da adesso in poi, non tanto le mosse di Elly Schlein (sembra ormai chiaro che stia meticolosamente cercando di trasformare il partito in una specie di movimento per i diritti umani)
Quanto, piuttosto, quelle del presidente della Regione. Che lì, nel suo ufficio a Palazzo Santa Lucia, vuol restare per scialarsi dentro un terzo mandato, nonostante il progetto gli venga precluso sia dalla legge vigente, sia — soprattutto — dalla feroce antipatia che nutre per lui la segretaria del suo partito: Elly, appunto. Partiamo concreti.
Il primo discorso della segretaria
L’ultima volta che Elly ha parlato in modo comprensibile è stata anche la prima: accadde il giorno in cui fu incaricata di guidare il Pd, eravamo alla Nuvola di Fuksas, a Roma, all’Eur, tra vuoti architettonici voluti e altri che poi si sarebbero rivelati, politicamente, inattesi, e tragici. Comunque: lei andò giù dura, denunciando la malvagia presenza di certi cacicchi all’interno del partito, descrisse la loro attività come un’autentica tigna, e ne annunciò quindi l’imminente, necessaria eliminazione. Tutti pensammo, con assoluta certezza, che si stesse riferendo a Vincenzo De Luca (anche a qualcun altro, in realtà: ma su De Luca nessuno di noi cronisti ebbe alcun dubbio; anzi: alcuni, che l’avevano seguita durante la campagna delle primarie, riferirono che spesso, nei suoi comizietti dentro le sezioni e sotto i gazebo, l’aveva già evocato, con l’aria di una che lo tenesse nel mirino).



