Il commissario UE agli affari economici, nonché ex Premier italiano del centrosinistra prima dell’era Conte, rassicura in merito allo slittamento di alcune settimane della terza tranche da 19 miliardi, a cui a stretto giro ne dovrebbe seguire una quarta da 16 miliardi: la decisione, precisa l’attuale esponente e rappresentante italiano nella Commissione di Ursula von der Leyen, è conforme alla necessità di reperire ulteriori specifiche tecniche e coinvolge almeno altri sette Paesi dell’Unione che hanno concordato un supplemento temporale da uno a due mesi
Una dichiarazione sul modello delle larghe intese che avalla le precedenti dichiarazioni rilasciate dal Ministro del governo Meloni con delega agli affari comunitari e alla gestione del Pnrr Raffaele Fitto, e che semmai pone l’accento su un altro aspetto fino a questo momento relativamente taciuto del piano nazionale di ripresa e resilienza: la relativa complessità delle decine di obiettivi di riforma da raggiungere in tempi ristretti e perentori, e la non preparazione di moltissime amministrazioni pubbliche, in particolare locali, che dopo oltre un decennio di tagli lineari alla spesa pubblica, e di applicazioni ultra rigorose del patto di stabilità e del blocco del turn over interno, si ritrovano a dover sostenere un intenso ritmo progettuale ed esecutivo sulle opere loro affidate.
A ciò si aggiunga che il recovery fund europeo, di cui il recovery plan è l’applicazione e declinazione italiana, era stato immaginato per uno scenario post pandemico di pace, al quale è subentrato, quasi senza soluzione di continuità, uno scenario bellico alle porte dell’Unione e nell’est dell’Europa geografica: ciò che ha imposto ai singoli Governi di individuare stanziamenti addizionali di bilancio per coprire i più alti costi delle materie prime e impedire la desertificazione delle gare d’appalto connesse al Pnrr.
Inoltre, come se ciò non bastasse, più di recente si è innescato un autentico braccio di ferro tra il Vicepremier e Ministro delle infrastrutture Matteo Salvini e l’autorità nazionale anticorruzione sullo schema di nuovo decreto legislativo delegato in tema di revisione del codice degli appalti: un faldone di oltre 200 articoli che, mentre secondo la senatrice ligure del terzo polo Lella Paita crea non semplificazione ma complicazione nel sistema degli affidamenti dei lavori pubblici, ad avviso della competente autority andrebbe nella direzione di aumentare le aree di opacità e di eccessiva discrezionalità nel campo delle assegnazioni dirette di appalti al di sotto di una certa soglia a base d’asta riconosciuta ai piccoli Comuni.
Se si considera che la revisione dei codice, basato su una delega ancora risalente al Governo Draghi, è uno degli obiettivi prescritti dal Pnrr, nonché uno strumento definito dal Ministro come indispensabile per accelerare sulle opere pubbliche indicate nel piano post pandemico, si comprende quanto siano alte le paure di non poter rispettare il 2026 come anno ultimo consentito per la consegna puntuale di tutti i lavori.
Tanto che da più parti si ipotizza che potrebbe venire accolta la richiesta, non ufficiale ma circolante nei corridoi di Palazzo, del Governo Meloni di ottenere uno slittamento a tutto il 2029. Diversamente, secondo alcuni esperti economisti e di diritto amministrativo, la proiezione è quella di riuscire a mettere a segno il 50 per cento circa del totale degli investimenti autorizzati a decorrere dal 2021, vale a dire 100 miliardi rispetto ai 191 inizialmente preventivati.
Il commissario Gentiloni, alla riunione della federazione Febaf – il gruppo che riunisce sul piano continentale la generalità delle imprese bancarie, assicurative e finanziarie – ha inoltre evidenziato alcuni rischi derivanti dalla stretta monetaria deliberata, e confermata, dalla BCE pur in un contesto di inflazione in avvio di calo: gli effetti sono già visibili sul versante degli affidamenti a famiglie e imprese, la cui crescita sta subendo un rallentamento che potrebbe pregiudicare la tenuta del mercato edilizio e dei settori connessi alla produzione di beni durevoli.
Il ministro Fitto, rivendicando di essere al governo da cinque mesi, ha in ogni caso formalmente ribadito che l’esecutivo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia si prefigge come orizzonte temporale di soddisfacimento delle prescrizioni del Pnrr la metà di giugno 2026, e come metodo operativo il coordinamento dei fondi del recovery plan con quelli per lo sviluppo e la coesione, in modo da presentare a Bruxelles un piano credibile e univoco di attuazioni. Senza rinunciare a insistere su una rimodulazione di obiettivi e ridestinazione di risorse rispetto a finalità oramai superate dalle sopraggiunte esigenze seguite alla guerra russa in Ucraina.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




