A metà luglio alluvioni e grandinate avevano fatto danni sulle molte piante e pomodori in fase di crescita
Danneggiandole in modo irrimediabile; a questi eventi climatici inusuali per luglio si sono aggiunte poi le altissime temperature dell’ultima decade di luglio e di questo scorcio di agosto con danni aggiuntivi sulle piante. Con i cambiamenti climatici, insomma, di acqua ce n’è o troppa o nulla. Questo crea un vero e proprio shock termico e idrico.
A questi problemi climatici si sono aggiunti in questi giorni quelli logistici, dovuti alla crisi dell’autotrasporto, con l’indisponibilità da parte dei conducenti dei tir e degli addetti alla movimentazione del pomodoro dai principali luoghi di produzione agli impianti di trasformazione dell’industria, quasi tutti dislocati in Campania. La difficoltà dei ritiri se non addirittura il non ritiro fa sì che il prodotto marcisca o bruci sulle piante.
Sarà molto difficile – sottolinea Cia – che si raggiungano le quantità prodotte del 2020, nonostante quest’anno il Centro Sud, complessivamente, abbia fatto registrare un aumento del 14% delle superfici coltivate a pomodoro, col dato assoluto che si attesta a 32.540 ettari.
In Puglia, con la provincia di Foggia a farla da padrona, lo scorso anno furono coltivati a pomodoro 17.170 ettari, per una produzione totale raccolta pari a 14.782.950 quintali. Da sola, la Puglia rappresenta oltre il 50% della superficie coltivata a pomodoro in tutto il Sud e circa il 70% del raccolto di tutto il Mezzogiorno. In provincia di Foggia, zona di massima produzione in Italia, la situazione è diversificata rispetto alle rese: si va dagli 800 ai 1200 quintali raccolti per ogni ettaro.
In Italia, la campagna di produzione dell’estate 2020 si chiuse con un incremento (+8% rispetto al 2019) dei quantitativi conferiti all’industria conserviera nazionale. Nel 2020 furono conferiti all’industria circa 5,16 milioni di tonnellate di pomodoro fresco.



