Pos e bancomat, Confesercenti: “È costato 5 miliardi alle imprese”

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L’uso di carte e bancomat è costato alle imprese nel 2022 – tra commissioni e costi accessori – almeno 5 miliardi di euro. Un onere proporzionalmente più gravoso soprattutto per le attività di minori dimensioni – in particolare del commercio – che vedono restringersi i margini a causa dei costi delle commissioni

A stimarlo è Confesercenti, in vista del Tavolo tecnico per il taglio delle commissioni sui pagamenti tramite Pos, convocato dal Ministero dell’Economia per venerdì 17 marzo.

“Il tavolo è l’occasione per mettere finalmente il punto a una questione aperta da oltre dieci anni – l’obbligo è stato previsto per la prima volta dal Decreto Crescita 2.0 nel 2012 – caratterizzati da rinvii, polemiche, provvedimenti contraddittori e promesse mai mantenute. Dieci anni in cui la moneta elettronica si è comunque diffusa enormemente: l’Italia è diventato in questi dieci anni il Paese europeo con il più alto numero di Pos – 3,9 milioni – anche se il numero di operazioni rimane ancora sotto la media. Più alto invece, è l’importo medio delle transazioni – circa 50 euro – un dato che sottolinea come il problema sia soprattutto relativo alle micro-transazioni.

Nel 2022 le transazioni con pagamenti digitali hanno raggiunto i 400 miliardi di euro, quasi il 40% del totale speso degli italiani. Nel 2023 sarà il 50%. Un risultato ottenuto con grandi costi a carico degli esercenti: indagini Confesercenti, infatti, ci restituiscono un peso delle commissioni fino e oltre l’1,4% del transato per le attività minori. Dove l’incidenza dei pagamenti in moneta elettronica sul totale è in rapida crescita: in alcuni casi – come nell’abbigliamento – raggiunge anche l’80% delle vendite. I costi delle commissioni sono un problema soprattutto per tabaccherie, gestori carburanti, edicole e tutte le altre attività caratterizzate da piccoli margini sul venduto.  

Ora, dopo tutto questo tempo, gli esercenti si attendono finalmente una soluzione al problema. L’obiettivo dichiarato del tavolo, infatti, è la riduzione dei costi della moneta di plastica per i circa 2,5 milioni di piccole attività con meno di 400mila euro di fatturato annuo.

La speranza è che non si proceda a un semplice restyling dei provvedimenti attuali – il credito di imposta previsto ora è insufficiente – ma che si arrivi ad una vera riforma che favorisca la diffusione delle transazioni elettroniche attraverso una distribuzione più equa dei costi. Per raggiungere questo risultato, però, è necessario che il governo svolga un ruolo attivo, non di semplice garante.