Continua a dominare l’avversione al rischio sui mercati questa settimana, che vede ancora al centro della scena il tema del rialzo dei tassi negli Stati Uniti
La settimana è stata ostaggio della riunione della Federal Reserve di mercoledì, appuntamento atteso da tutti noi investitori per cercare di fare chiarezza sull’azione della politica monetaria Usa. Nel corso della conferenza stampa che chiude il meeting, Jerome Powell ha ribadito che:
saranno i prossimi dati macro ad imprimere il ritmo al rialzo dei tassi ed alla riduzione del bilancio. Implicitamente, non esclude di fatto un’accelerazione, ossia anche oltre i quattro rialzi dei tassi attesi prima della riunione dal mercato;
i rialzi dei tassi non impatteranno sul mercato del lavoro che a suo dire gode di buona salute;
ha inoltre aggiunto che il possibile calo dei prezzi degli asset (leggasi azionario) non minaccia ora i consumatori in quanto in questo momento si trovano in condizioni finanziarie migliori rispetto al passato.
Il quadro che emerge chiaramente è che questo ciclo di tightening parte da una situazione diversa rispetto ai precedenti, soprattutto per il livello di inflazione enormemente sopra il target, alimentata da un mercato del lavoro assai tirato. Partendo dal presupposto che la stabilità dei prezzi è una condizione necessaria per garantire la durata dell’espansione (anche se fino a 6 mesi or sono le dichiarazioni erano differenti …), la politica monetaria si deve muovere più rapidamente che in passato facendo seguire alla fine del QE il rialzo dei tassi (anche veloce) e poi subito dopo (ma ormai non si esclude la contemporaneità) anche il QT. In altre parole, la cosiddetta “Fed Put”, ovvero il livello a cui la FED corre in soccorso dei mercati, è più bassa del solito, e un -10% di discesa delle quotazioni non è sufficiente per farla scattare.
Il parallelo con il 2018 che tutti stavamo facendo a questo punto stride un po’: la sensibilità della Fed nei confronti dei mercati sembra minore, forte anche del fatto che arriviamo da anni di performance a doppia cifra, ma soprattutto causata da una dinamica dell’inflazione che sembra fuori controllo se, appunto, paragonata alla funzione di reazione che ha dovuto avere l’autorità di politica monetaria: in poche parole, volatilità assicurata per il futuro!!


