Intervista con il presidente Claudio Porchia, alla guida di un sodalizio che da trent’anni ha consentito la piena riscoperta della cucina espressione delle migliori tradizioni agroalimentari geografiche
Compie trent’anni l’associazione che riunisce i 120 ristoratori titolari e gestori dei pubblici esercizi che, oltre a formare un paniere, compongono altresì una tavolozza ricca di colori, sapori e saperi racchiusi nelle ricette componenti la dieta mediterranea.
Il presidente Claudio Porchia, intervistato dall’editrice Loredana Buoso e – in collegamento da Tirana – dal direttore politico Alessandro Zorgniotti, ha ricordato l’impegno iniziatico della compianta Claudia Ferraresi, dalla quale decollò il progetto sorto tra le colline del Vino di La Morra nella Langa albese oggi territorio UNESCO.
I ristoratori della Tavolozza, riunitisi per fornire all’epoca una risposta unitaria a una malintesa idea di cucina fondata sulla nouvelle cuisine, hanno saputo innovarsi e contrastare, con la forza di una tradizione sempre adeguata ai tempi ma mai snaturata, l’impatto pesante come l’emergenza sanitaria internazionale dalla quale fortunatamente si sta uscendo: la graduale scoperta del digitale, dei social web media e della consegna dei piatti a domicilio, sono alcune delle tendenze più recenti che si stanno affermando in linea generale, mentre i menù degustazione si sono aggiornati alle necessità di un pubblico che intende continuare a mangiare bene ma in quantità più ridotte, e desidera – per sé e anche per i propri amici a quattro zampe – che l’accoglienza e la narrazione dei piatti cucinati e serviti faccia parte strutturalmente del servizio offerto dal locale.
Ultimo ma non per importanza il capitolo delle collaborazioni internazionali con Paesi che, come l’Albania, concorrono alla dieta mediterranea grazie a una tradizione rurale a tavola molto simile a quella italiana, per effetto delle similitudini culturali e microclimatiche, e grazie all’esperienza di molti cuochi e chef di origine albanese che hanno lavorato e lavorano in ristoranti e locali di sicuro pregio e richiamo in regioni simbolo della eccellenza enogastronomica come Piemonte e Liguria.



