La Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per il Reddito di cittadinanza: “Non è in linea con il diritto dell’Ue“, ha affermato, perché il requisito di residenza per dieci anni nel Paese è “discriminatorio” verso i lavoratori Ue e quanti godono di protezione internazionale
Sotto i riflettori, con una procedura di infrazione europea, è finito anche l’assegno unico e universale per i figli a carico: visto che prevede la residenza in Italia da almeno due anni non tratta i cittadini dell’Ue allo stesso modo e al pari è “discriminatorio”, ha affermato l’esecutivo europeo.
Intanto la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha auspicato che sul Reddito di cittadinanza vengano introdotte delle verifiche preventive. “È importante che non venga negato il sussidio a chi ne ha veramente bisogno – ha detto – ma che ci siano gli strumenti per negarlo a chi lo usa in modo improprio“. “Dove è possibile un controllo ex ante evita una corresponsione impropria e non ci obbliga a un recupero successivo“. Le verifiche “ex ante”, ha segnalato del resto il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, hanno già evitato il pagamento di prestazioni per circa 11 miliardi dall’avvio della misura nell’aprile 2019.
Lo strumento del reddito, ha anticipato la viceministra al Lavoro Maria Teresa Bellucci, sarà riformato senza “cancellare le materie che tratta, ma riformandone la gestione“. “Inseriremo una misura che dia dignità” con “un trasferimento economico“, ha spiegato, ma anche servizi di “inclusione sociale” per chi è in stato di indigenza. “Inseriremo una reale misura di politiche attive, che possa rimettere al centro il diritto-dovere di ogni italiano di lavorare e di contribuire così alla propria crescita e a quella della propria nazione“.
Tornando alla procedura Ue, prende di mira in particolare la condizione di accesso al reddito di cittadinanza, che prevede la residenza in Italia per almeno dieci anni, due dei quali consecutivi. “Il requisito della residenza di dieci anni si qualifica come discriminazione indiretta in quanto è più probabile che i cittadini non italiani non soddisfino questo criterio – ha detto la Commissione – Inoltre, il regime italiano di reddito minimo discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale“, che non possono beneficiarne, in violazione della relativa direttiva del 2011.



