Le dimissioni irrevocabili di Giovanni Toti, da Governatore della Liguria, portano a tre il numero degli Enti elettivi regionali che andranno al voto nel prossimo autunno, fra manovra di bilancio 2025, crescente opposizione sociale all’autonomia differenziata e frizioni con Bruxelles sul bis di Ursula von Der Leyen
Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia, nei giorni scorsi ha lanciato una profezia non di poco conto: il governo Meloni potrebbe entrare in crisi irreversibile entro quest’anno.
A quel punto – e qui entra in gioco il carniere ipotetico del nostro giornale – si potrebbero aprire due scenari non improbabili: la formazione di un governo tecnico, magari a guida Ignazio Visco, l’ex governatore della Banca d’Italia tutt’altro che orientato a una vita in quiescenza da pensionato, ovvero le elezioni anticipate nel 2025 qualora il fronte referendario contro l’autonomia differenziata di Calderoli riuscisse a fondersi in un progetto politico.
Se fino a qualche mese fa una simile prospettiva si poteva ricondurre al novero della capacità fantasiosa, adesso è una concomitanza di fattori a far sì che non la si debba più considerare come tale.
Anzitutto il risultato europeo, con il PD di Elly Schlein nettamente posizionato sopra il 20 per cento e l’alleanza verdi sinistra salita fino a insidiare i 5 stelle di Conte: un dato di fatto che obbliga i pentastellati a una forzata fedeltà al centrosinistra, e che ha indotto lo stesso Renzi a più miti consigli fino a sposare il progetto del campo largo contro le destre.
In secondo luogo, le più recenti incognite che arrivano dal mondo delle Ragioni: oltre al caos dell’autonomia differenziata di Calderoli, ministro che dovrebbe forse valutare l’ipotesi del pensionamento, che è riuscita nel miracolo di creare un fronte unico da Renzi a Fratoianni, vi è quello della roulette russa del voto anticipato che solo quest’anno interesserà ben tre territori tutt’altro che marginali, ossia l’Emilia Romagna, l’Umbria e la Liguria, quest’ultima in seguito alle dimissioni irrevocabili di Giovanni Toti, governatore da oramai tre mesi agli arresti domiciliari.
Mentre la prima e la terza regione rientrano nel novero di quelle che il pallottoliere assegna al centrosinistra, analoga sorte potrebbe toccare all’Umbria dopo il disastro della gestione leghista di Donatella Tesei.
L’appuntamento con le urne è atteso fra ottobre e novembre, esattamente nel pieno del dibattito politico romano sulla prossima manovra di bilancio, che parte da meno 43 miliardi: le risorse che, al netto delle spese per l’ordinario funzionamento dello Stato, dovranno essere reperite per confermare le agevolazioni su cuneo fiscale e Irpef, la rivalutazione delle pensioni e per ottemperare alla prima applicazione della clausola taglia-debito del nuovo patto di stabilità sottoscritto dal ministro leghista Giancarlo Giorgetti.
Su queste basi, bisogna ricordare che per molto meno, nell’autunno del 2011, l’allora Premier Silvio Berlusconi salì al Quirinale per rassegnare le dimissioni da palazzo Chigi. Un contributo in tale direzione giunse dalle indicazioni di Banca Mediolanum, principale contributore agli utili del Gruppo Fininvest, la cui presidente Marina Berlusconi ha evidenziato in una recente intervista una visione politica e civica discordante da quella di Giorgia Meloni.
Dir politico Alessandro Zorgniotti




