Rialzo tassi della Fed e crisi del gas in Europa

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La Fed, confermando la linea aggressiva, nella riunione di luglio ha alzato per la seconda volta consecutiva i tassi di 0.75 punti base, portandoli al 2.25%-2.50% – dall’1.50-1.75% – e ha segnalato che nuove strette «saranno necessarie».

Non è stata data, nel comunicato, alcuna indicazione sulle prossime mosse: di fatto è stata accantonata la forward guidance dichiarando che le decisioni future dipenderanno dall’andamento dei dati in arrivo e dall’outlook e che il ritmo dei rialzi dei tassi potrebbe ora rallentare. Attualmente, secondo il presidente Powell, i tassi di politica monetaria hanno raggiunto il livello neutrale: ha inoltre aggiunto che la «migliore indicazione» del punto di arrivo per fine anno restano le stime fatte a giugno, quando i «dots» (le stime) dei singoli governatori avevano una mediana compresa tra il 3 e il 3.5%, e mezzo punto in più per fine 2023. È il mercato del lavoro, osservato speciale, che, secondo Powell, occorre ora rallentare leggermente, pur ammettendo un indebolimento di consumi e produzione.

Continueranno inoltre a essere ridotti i portafogli di titoli.

Come anticipato, il mercato ha tratto sollievo:

1) dall’aver evitato un’ulteriore mossa immediata più drammatica da 100 bp;

2) dall’aver digerito il fatto che le mosse più aggressive sono ormai alle spalle. Venendo al quadro in Europa, i recentissimi dati dell’inflazione mostrano ancora un’accelerazione, mentre i dati relativi alla crescita economica sorprendono in positivo soprattutto per Spagna, Francia e Italia, mentre la Germania riesce a evitare la contrazione, segnando una stagnazione rispetto al trimestre precedente.

L’inflazione continua quindi a mordere in Europa soprattutto per la crisi energetica e l’aumento dei costi.

Gli effetti del passaggio (alla riapertura post manutenzione) al 20% del normale flusso del gasdotto Nordstream1 hanno continuato a vedersi sul prezzo del gas, aggiungendo tensioni sul mercato. Alcune indiscrezioni rivelano di un Cremlino intenzionato a mantenere i flussi di gas ai minimi verso l’Europa (come arma di pressione), per tutto il periodo in cui durano gli scontri in Ucraina, cosa che ha favorito l’accordo in UE per ridurre del 15% i consumi in caso di situazione di emergenza, da cui è rimasta fuori solo l’Ungheria.

Questo contribuirà a indebolire la crescita nei prossimi trimestri, danneggiando principalmente la locomotiva Germania, come si è visto dall’andamento dei mercati di questa settimana.