in queste ore Roberto Saviano è finito nel solito ferocissimo tritacarne mediatico della destra per aver detto ieri a “Otto e mezzo” e sui suoi canali, parlando di Ranucci, qualcosa che è ovvio a chiunque non sia vissuto su Marte negli ultimi dieci anni.
Che i giornalisti, gli intellettuali, chiunque prenda una posizione critica nei confronti del governo viene bersagliato, infangato, delegittimato, diventa un nemico da colpire.
Ovvero la differenza esatta tra critica e delegittimazione.
“Quello che oggi sta facendo la politica, soprattutto in questo momento la politica al governo, è bersagliare la persona. Non criticare il suo lavoro o l’inchiesta. Ma considerare come un rivale o un nemico il giornalista fisicamente, usando il viso o usando il nome.
Qualcuno da potere spendere sui manifesti in campagna elettorale, all’apertura dei loro festival. Come ci fosse un concetto per noi passato come naturale, ossia che quando qualcuno si espone facendo il suo lavoro, raccontando il potere, debba fatalmente accettare che questa cosa gli comprometta la vita, che lo rende un bersaglio.
Report è stato massacrato, continuamente. Intendo non criticata, perché la critica è necessaria al tuo lavoro. Ma non quando inizia ad esserci un continuo sospetto sulla tua persona: ‘ti arricchisci’, ‘manipoli’. Oppure: ‘Vota noi perché così lui sarà triste, lui sarà sconfitto…’, questo significa isolare quella persona soprattutto. Il messaggio che la politica manda è: ‘Se prendete posizione, ne pagherete le conseguenze’”.
E sapete qual è stata la reazione della destra e dei suoi cani da guardia? Una nuova gogna pubblica, con la solita scia di insulti personali, spesso irriferibili, la solita gogna immonda, squadrista, organizzata.
Dimostrando, senza neanche rendersene conto, quanto Roberto avesse ragione.


