Roma: iniziata l’era Gualtieri

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Declinato in “voi non sapete chi è papà” dai due rampolli del capo di gabinetto del sindaco Gualtieri fermati dai carabinieri della Capitale in piazza Euclide e multati perché privi di mascherina. Episodio ampiamente sbeffeggiato nelle cronache cittadine, ma su cui torniamo incuriositi dalla location (gli eterni, irredimibili Parioli), e dall’imperdonabile assenza di alcuni fondamenti filmici nell’educazione impartita in casa di Albino Ruberti.

Possibile che ai birbantelli non sia stata mai somministrata la visione di quel fondamentale trattato pedagogico che è Il vigile di Luigi Zampa (1960). Con lo zelante agente della stradale, Alberto Sordi-Otello Celletti, che intima l’alt al sindaco che lo ha promosso (Vittorio De Sica), colto in missione segreta presso l’amante, subendone le inevitabili rimostranze. Episodio tratto dalla vita reale: il vigile Ignazio Melone che aveva osato elevare contravvenzione per un sorpasso vietato nientemeno che al questore di Roma, Carmelo Marzano, quanto mai indignato per non essere stato riconosciuto.

Purtroppo il Ruberti babbo non era nelle condizioni di impartire agli impertinenti pargoli edificanti lezioni di vita essendo stato a sua volta preso in castagna (anzi in porchetta di tonno e ostriche David Hervé) mentre, il Primo Maggio 2020, pasteggiava con la compagna e gli amici del Pigneto, lontano da casa, e dunque in palese violazione del lockdown.

Multato dai tutori dell’ordine ebbe la stessa reazione alla De Sica (ma detta sessant’ anni dopo, degna, diciamolo, di un B-movie).

Intervistato dal Foglio, l’alto papavero capitolino racconta di aver fatto una bella lavata di capo ai monelli, naturalmente dopo aver pagato i 600 euro di multa. Poi “si congeda con gentilezza e torna al lavoro”. Infatti,“ a giorni ci sarà un’infornata di nomine”. Un linguaggio commestibile che si addice alla giunta Gualtieri che in quattro mesi dalla nascita non ha ancora dato tangibili segni di vita.

Se non trattare febbrilmente posti e poltrone e attribuire le proprie manchevolezze alla “macchina ferma”, all’“abbiamo trovato cose incredibili”. Insomma, l’eterno scarico della monnezza su “quelli che c’erano prima”. Con il rischio, un giorno, chissà, di ritrovarsi a dire: lei non sai chi ero io.

Antonio Padellaro