SALGONO A 100 MILA LE IMPRESE A RISCHIO FALLIMENTO IN ITALIA

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Guerra, materie prime, costi dell’energia sono tra le cause del deterioramento del tessuto imprenditoriale che negli ultimi mesi è stato posto a una tensione tale che potrebbe presto causarne lo strappo.

E non lo dico io, che sono contrario al perdurare della guerra in Ucraina (come credo dovrebbero essere tutti, ucraini per primi), e dunque mal tollero la strategia dell’invio di armi che allunga inevitabilmente i tempi del conflitto.

Ma lo dice l’Osservatorio Rischio Imprese di Cerved, secondo cui tra il 2021 e il 2022 le società a rischio di default sono cresciute quasi del 2%, passando dal 14,4% al 16,1% e raggiungendo le 99.000 unità (+11.000), con 11 miliardi di euro in più di debiti finanziari.

Sul fronte dell’occupazione, si tratta di oltre 3 milioni di lavoratori, quasi 1 su 3 (30,5%), impiegati in società ‘fragili’ che, manco a dirlo, si trovano soprattutto al Sud, dove costituiscono addirittura il 60,1% del totale. I macro-comparti più impattati risultano le costruzioni (dal 15,2% al 17,6% di società a rischio) e i servizi (dal 14,9% al 16,7%); a livello più disaggregato, i settori più colpiti rientrano nei servizi non finanziari (in particolare ristorazione e alberghi), nei trasporti (gestione aeroporti) e nell’industria pesante.

Stiamo facendo pressione sul Governo perché si attivi con misure strutturale e non una tantum. 200 Euro a pioggia sono soldi buttati ed ha fatto bene ieri il Presidente Giuseppe Conte ad inserire queste tematiche tra le priorità dell’intervento del governo.