SALVATE IL SOLDATO FEDERICO CHIESA

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Settantotto minuti di gioco complessivi, di cui cinquantotto nell’unica partita da titolare, in Carabao Cup, il 25 settembre, contro il West Ham: l’avventura di Federico Chiesa con la maglia del Liverpool, ad oggi 4 novembre, è un fallimento totale e tale da poter già tracciare un bilancio.
Nel suo addio alla Juventus in estate l’unico che pareva essere uscito vincente era proprio lui. Aveva vinto su tutta la linea: s’era impuntato con la società bianconera rifiutando di intavolare trattative reali per il rinnovo, millantando con post di amore alla maglia la sua presunta volontà di restare, era stato messo all’angolo da Thiago Motta fino ad ottenere la cessione – a cifre probabilmente irrisorie per quello che era il suo valore in Premier, nella – presunta – élite del calcio attuale.
A 26 anni il Liverpool, paradossalmente date le condizioni al momento della cessione, rappresentava un salto in avanti della carriera dell’esterno ex viola. Contratto fino al 2028 complessivo da 37,45 milioni complessivi, 9 abbondanti a stagione. Una vittoria totale. Lo sbarco nella terra dei Beatles il 29 agosto con un sorriso a 32 denti, inglese fluente in conferenza stampa, un nuovo allenatore con gerarchie da stabilire da zero: le condizioni parevano ideali per ritagliarsi soddisfazioni.

Poi il sogno fatato ha lasciato il posto alla dura realtà. La scelta, se di scelta si tratta e non di mancanza di alternative, d’altra parte era stata di certo affascinante e promettente, ma altrettanto molto complessa. Se i rivali per un posto si chiamano Salah, Luis Díaz, Diogo Jota e Gapko la missione per strappare la titolarità o comunque ampio spazio è quasi impossibile. Ora, a inizio novembre, è giusto togliere il quasi. La dura realtà è che Slot parla in conferenza dei problemi fisici, della mancanza di continuità in allenamento, che una volta va e poi no, che la forma non c’è e non arriva.
Quel maldetto ginocchio rimasto sul prato dell’Olimpico probabilmente rappresenta la fine delle possibilità di Chiesa di rimanere quel calciatore di EURO 2021, in quel momento forse l’esterno più elettrizzante del panorama europeo. Si è data la colpa ad Allegri che non lo metteva nelle condizioni di rendere, in realtà era solo la maniera, da seconda punta, di farlo lavorare più vicino alla porta, di liberarlo dei compiti di rientro difensivo che spettano ad un esterno per limitarne gli scatti e favorirne la continuità.
La sua vittoria contrattuale e di destinazione si sta rivelando un boomerang evidente dal punto di vista sportivo. La latitanza dal prato lo ha privato dell’azzurro, dove si stanno trovando certezze con un modulo in cui un uomo alla Chiesa non viene contemplato. È arrivato, per Chiesa, il momento di un’altra scelta, più dolorosa della precedente. Il contratto così pesante lo rende schiavo di un fardello che pochissimi club sono in grado di garantirgli, eppure un passo indietro, un bagno di umiltà, l’approdo in una squadra di fascia più bassa gli darebbe l’opportunità di ritrovarsi, di gamba prima che di testa.
Liverpool, in questa fase della sua carriera, pare troppo. Sulla bilancia da un lato pesa solo lo stipendio, dall’altro il rischio di entrare in un vortice di negatività che ne può compromettere la carriera. A 26 anni non è il tempo di monetizzare, è il tempo di provare a galoppare a destra o a sinistra, magari non come un tempo, ma è proprio il tempo ad esserci per riconquistare il campo e l’azzurro. Le pretendenti di certo sembra che comunque non manchino a gennaio. Sta a Chiesa guardare quella bilancia e capire il da farsi.
Davide Zennaro