Salvini, la vera spina nel fianco di Giorgia Meloni

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Come un fiume carsico, scorre sotterraneo ma ogni tanto affiora ed è impetuoso: è il “malessere” nei rapporti tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il leader della Lega Matteo Salvini. Alleati per forza già in campagna elettorale, basti pensare alle scenette a Cernobbio lo scorso settembre sulle sanzioni alla Russia, con Salvini che proponeva di toglierle “per il bene degli italiani” e Meloni che si metteva le mani ai capelli e diceva: “Le sanzioni non si toccano”.

Ma anche al governo i rapporti tra i due non sono migliorati, anzi si marcano a vicenda e in più occasioni davanti a ministri e non solo hanno fatto trapelare la poca sintonia: ultimo episodio lo scontro sul commissario per l’emergenza alluvione in Emilia Romagna. Meloni a sorpresa partecipa al tavolo convocato con il governatore Stefano Bonaccini e i sindaci della Romagna e annuncia la nomina del ministro Nello Musumeci a coordinatore di un non meglio specificato tavolo di confronto tra governi ed enti locali: per tutta risposta il ministro Salvini fa strane smorfie, visto che non sapeva nulla della scelta: “Allora dobbiamo interfacciarci con Musumeci, anche noi ministri?”.

Ma questo è soltanto l’ultimo episodio che fa trapelare le tensioni nascoste, ma non troppo. Il primo scontro a Palazzo Chigi è avvenuto proprio nel giorno delle nomine dei ministri e sempre con Musumeci in mezzo: quando Salvini ha saputo che all’ex governatore siciliano sarebbero andate le deleghe al mare e ai porti è andato su tutte le furie. Le deleghe rimangono in capo al ministero delle Infrastrutture.

Tensione alle stelle anche poco prima della delicata conferenza stampa a Cutro sul decreto migranti: nella bozza vistata da Meloni si davano più poteri alla Marina Militare togliendo spazi alla Guardia costiera che dipende dal ministero Infrastrutture. Dicono che le urla di Salvini si siano sentite anche fuori dal Municipio e la norma è stata cancellata. Un bel climino, non c’è che dire.

Ad aprile invece la tensione tra Lega e Meloni è emersa alla Camera sul dibattito Pnrr: il capogruppo leghista Riccardo Molinari nel suo intervento propone di “valutare se rinunciare a una parte dei fondi”. Meloni poco dopo risponde: “Non prendo in considerazione questa ipotesi”. Ma questa tutto sommato è stata una schermaglia, lo scontro vero è andato in scena tra Meloni e il sottosegretario Alfredo Mantovano da una parte e dall’altra Salvini e il ministro leghista Giancarlo Giorgetti. Al centro del contendere la nomina del nuovo vertice della Guardia di Finanza: Giorgetti e Salvini hanno messo più di un bastone tra le ruote a Meloni che voleva nominare subito Andrea De Gennaro.

La nomina è poi arrivata in un cdm senza Giorgetti e dopo una telefonata di fuoco tra Meloni e Salvini. Il mese scorso invece è il ministro Roberto Calderoli a sospettare una manina di FdI nella pubblicazione del dossier al Senato che smonta la sua riforma sull’autonomia differenziata. E si arriva agli ultimi giorni, anzi alle ultime ore.

Mercoledì le faccette del ministro accanto a Meloni sulla nomina di Musumeci a coordinatore del tavolo con gli enti locali dell’Emilia Romagna. sebbene ieri da Manduria la leader FdI abbia voluto far sapere di essersi confrontata con il ministro leghista. Ma sempre ieri in commissione Vigilanza Rai la Lega è andata a muso duro contro l’amministratore delegato di viale Mazzini, Roberto Sergio voluto da Meloni, non solo riproponendo il taglio del canone, che azzopperebbe i conti dell’azienda a trazione meloniana, ma anche chiedendo, con il deputato Stefano Candiani, “maggiore trasparenza nelle spese perché le risposte alle interrogazioni in merito da parte dei vertici Rai sono inaccettabili”. Toni duri e Candiani davanti non aveva più i vertici nominati da governi di centrosinistra.

(Antonio Fraschilla – repubblica.it)